”Il Centro-Sud, a differenza di alcune aree del Nord, penso alla Bergamasca e al Bresciano, sta pagando l’assenza di anticorpi nella popolazione: fino a qualche settimana fa in Lazio e Campania il virus era arrivato solo marginalmente, i contagi erano pochissimi.
In mezza Italia la positività crescerà ancora, è normale, bisogna tenere alta la guardia, ma non spaventarsi: molti contagi provocano una malattia lieve, nulla di più, e spesso la carica virale è talmente bassa che una persona positiva non è in grado di infettare”. Lo dice a Libero Francesco Le Foche, immunologo clinico, responsabile del Day hospital di Immunoinfettivologia del Policlinico Umberto I di Roma.
Un concetto che l’immunologo ribadisce anche in un’intervista al Corriere della Sera, nella quale afferma che ”la maggior parte dei contagiati esprime una forma di malattia molto blanda probabilmente perché la carica virale del Sars-CoV-2 è molto bassa. Le mascherine stanno svolgendo un ruolo fondamentale.
Bloccano il virus o nella peggiore delle ipotesi ne riducono la trasmissione e questo fa sì che chi si infetta non riporta gravi danni. Ma la mascherina va usata correttamente. Indossarla sotto il naso è come non averla perché il virus è nel respiro. Chi ha una vita attiva dovrebbe cambiarla due volte al giorno, se è consunta è sporca non serve a niente”.
”La quarantena di due settimane non ha senso -precisa Le Foche -. Va ridotta a 7 giorni, al massimo a 10: si fa un tampone di controllo e in caso di negatività si ricomincia a uscire e a lavorare. Un nuovo lockdown non sarebbe una decisione scientificamente logica. Così come non è serio mettere in circolazione notizie allarmistiche.
Si dovrebbe parlare di cose davvero serie, di ricerche e terapie che nel giro di qualche mese permetteranno alla scienza di mettere all’angolo il virus. Nessuno si concentra sugli anticorpi monoclonali che assieme al vaccino entro la prossima primavera cancelleranno la pandemia. Gli anticorpi monoclonali credo verranno somministrati tra gennaio e febbraio. Si comincerà dai medici e dagli infermieri.
Negli Stati Uniti stanno sperimentando la tecnica in almeno cinque centri di ricerca. In Italia se ne sta occupando anche lo Spallanzani”.