La misurazione della temperatura è una cosa seria, non può essere delegata a otto milioni di famiglie.
C’è chi la misura sulla fronte, chi nell’orecchio, chi sulla lingua, chi sotto l’ascella e per di più con termometri diversi”.
Secondo Andrea Crisanti, direttore del dipartimento di Medicina molecolare dell’Università di Padova, “E’ assurdo che siano le famiglie a misurare la febbre. Ognuno farà come vuole”. Così in un’intervista a “la Repubblica” spiega che “c’è una questione di coerenza: se si tratta di una misura decisiva per la sorveglianza epidemiologica allora deve farla lo Stato, non i singoli cittadini in un caotico fai-da-te”.
Crisanti poi aggiunge anche: “Oltre al fatto che la soglia per assentarsi dalle lezioni andrebbe abbassata a 37 gradi: per i ragazzi e i bambini, che si ammalano meno, fissarla a 37.5 non è adeguato”, precisa.
E all’obiezione che ministero e Comitato tecnico scientifico avrebbero detto che per misurare la temperatura negli istituti sarebbe servito più personale, più spazi, più tempo all’ingresso delle scuole, il sanitario ribatte: “Non diciamo sciocchezze: esistono sensori elettronici che funzionano senza l’aiuto di alcun tecnico e che misurano la temperatura in pochi istanti, come quelli installati ad esempio negli aeroporti o in molte aziende”.
Quindi Crisanti conclude: “Siamo talmente a ridosso della ripartenza che a questo punto dobbiamo adoperarci tutti affinché le scelte del governo, con le correzioni già introdotte dalle singole Regioni nei giorni scorsi, siano un successo. Certo è che il Cts ritiene di essere il depositario della verità scientifica, ma non ascolta e non considera i professori universitari.
Un sintomo del fatto che in questo Paese l’università vale ormai meno di zero e viene considerata un’istituzione che non produce conoscenza”.