Ottantotto anni dalla morte di Antonio Bruno.
Era il 28 agosto del 1932, quando il “poeta dandy” di Biancavilla, chiuso in una camera dell’albergo “Italia” di Catania, ingerì un quantitativo letale di barbiturici, decidendo di porre fine alla sua esistenza.
Poeta raffinato, elegante narratore, sensibile traduttore ed intelligente polemista. Qualità riconosciute ad Antonio Bruno, tra i protagonisti della vita culturale di Catania ad inizio Novecento. Il suo lirismo, la sua adesione al Futurismo, la sua produzione poetico-letteraria e giornalistica sono stati studiati negli ultimi anni. Ma c’è tanto ancora da approfondire su un intellettuale che ha varcato i confini della provincia, riuscendo ad essere apprezzato negli ambienti culturali d’avanguardia.
Alfio Grasso –nel suo ultimo volume “Antonio Bruno, letterato e politico”– dà il suo prezioso contributo, per Nero su Bianco Edizioni, attraverso un’angolazione particolare, che ci fa conoscere Bruno per il suo impegno culturale, ma anche per l’attivismo politico: fu osservatore acuto delle questioni cruciali della sua epoca e consigliere comunale, al fianco del padre, Alfio, sindaco defeliciano, amato quanto osteggiato, l’ultimo democraticamente eletto prima del fascismo.
Bruno entrò nell’assemblea cittadina con 853 preferenze –il consigliere più votato in assoluto– in uno schieramento di sinistra, contrapposto ai fascisti, che nel 1925 sciolsero l’amministrazione guidata dal padre, sancendo la presa del potere delle camicie nere.
«Novità assoluta nel lavoro di Grasso, rispetto ad altre pubblicazioni, è – nota Nino Longo nella prefazione – l’attenzione all’aspetto politico e alle problematiche sociali, nonché l’intervento diretto e partecipato. È tratteggiato quindi non solo l’approccio ideale e teorico ma anche l’azione diretta, volta a creare un’umanità nuova, sovvertendo la società e sostenendo la lotta politica».
Le argomentazioni e gli spunti offerti da Grasso – già autore per Nero su Bianco Edizioni di “Antichi versi contadini. L’agricoltura nella poesia dialettale di Alfio Cavallaro (1784-1866)” – si discostano, poi, dalla linea seguita negli ultimi decenni negli studi bruniani, su cui spesso si rimarcano l’esperienza e l’adesione al Futurismo di Marinetti (è del 1915, a Catania, la fondazione della rivista Pickwick assieme a Centorbi, Ittar e D’Artemi).
«Ciò che mette in luce, in questo studio, Alfio Grasso, più di quanto non abbiano fatto finora altri – scrive ancora Longo– è innanzitutto la formazione culturale del Bruno, nella quale un ruolo importante ebbero i suoi viaggi e i suoi contatti con il mondo lontano dal suo luogo natale».
L’AUTORE DEL LIBRO
Alfio Grasso, già professore a contratto nelle Facoltà di Agraria delle Università di Palermo e Reggio Calabria, ha svolto attività politica come dirigente del Pci di Biancavilla, ricoprendo la carica di consigliere comunale, di assessore e di sindaco. È stato presidente dell’Associazione regionale delle cooperative agricole e delle cooperative di produzione lavoro. Ha guidato il Centro regionale di studi e formazione cooperativa.
È stato componente del Consiglio di Amministrazione dell’Ente di sviluppo agricolo della Regione Sicilia.
Vanta una lunga collaborazione con riviste giuridiche e di agraria: sono sue diverse voci del “Novissimo Digesto Italiano” (Utet) e scrive per la “Rivista di storia dell’agricoltura” dell’Accademia dei Georgofili di Firenze. È autore di diversi volumi sul cooperativismo in agricoltura. Notevole il contributo dato per gli studi di storia locale.
Per Nero su Bianco Edizioni ha già pubblicato “Antichi versi contadini. L’agricoltura nella poesia dialettale di Placido Cavallaro (1784-1866)”.