“Viviana non si e’ uccisa e non ha ucciso Gioele.
‘Mi coinvolse un senso di protezione’: a queste parole Viviana affida il bisogno di condividere la propria vulnerabilità: l’immenso amore per il suo cucciolo – il piccolo Gioele – e la necessita’ (in primo luogo) di proteggerlo da ogni possibile insidia.
E’ con questo spirito che intraprende un viaggio il quale, se avesse goduto di maggiore fortuna, si sarebbe compiuto nel breve volgere di una mattinata di Agosto.
Nessuno ne avrebbe saputo nulla. Il suo proposito è violato da un fatto sopravvenuto – non previsto né prevedibile – ovvero un fortuito sinistro automobilistico”.
Lo afferma uno dei legali di famiglia, l’avvocato Claudio Mondello, cugino del papa’ di Gioele che ieri ha riconosciuto le scarpette del figlio trovate sulla collina di Caronia, vicino a dove sono stati individuati poveri resti ossei del corpicino. Il legale, che ieri ha aspramente criticato le modalità con cui sono state compiute le ricerche (“La credibilità dello Stato ne esce fortemente compromessa”), chiede che si indaghi “in modo accurato, nel rispetto e nel silenzio”.
“La propria posizione era tale – aggiunge – da metterla in grave difficoltà (si trovava a 100 chilometri da dove avrebbe dovuto essere); decide, quindi, di guadagnare la fuga. Il teste del nord – il cui senso civico revivisce a distanza di due settimane – riferisce di una madre che si evidenzia per una condotta di protezione e tutela del figlio. Protezione. Viviana e’ rinvenuta ai piedi di un traliccio (il corpo della madre e quello del piccolo distano 500 metri in linea d’aria e piu’ di un chilometro se si seguono le stradine di collegamento viario)”.
Per l’avvocato Claudio Mondello è possibile ipotizzare questo scenario:
il bambino sfugge alla vigilanza della madre e si allontana. Forse anche solo di pochi passi. Probabilmente qualcosa, in quello scenario di campagna, attira la sua attenzione oppure lo spaventa. La madre, terrorizzata, cerca disperatamente di trovarlo ma i suoi tentativi falliscono.
Al fine di meglio orientarsi, quindi, decide di salire sul pilone della corrente e guadagnare una posizione di privilegio rispetto al luogo circostante.
“E’ vero – ragiona Mondello – che il traliccio e’ posto piu’ in basso rispetto alla collina adiacente (circostanza che mi lasciava dubbioso su uno scenario di tale guisa) ma lo e’, altresì, che e’ l’unica tipologia di struttura che consenta di guardarsi intorno a 360 gradi. E’ compatibile, pertanto, con l’idea di chi voglia perlustrare la zona limitrofa; probabilmente (così ipotizzo) per guadagnare il contatto visivo col bambino.
Perché per ritrovare il bambino e non per ritrovare la via smarrita?
Perché si discorre di un possibile pericolo mortale (da quel traliccio transita corrente elettrica ad alto voltaggio) per cui ipotizzo che una spinta esiziale – tale da far decadere ogni indugio – sia stata, per Viviana, quella di ogni madre responsabile: l’amore e la tutela del proprio bambino.
Da quella posizione Viviana, finalmente, rintraccia Gioele: si affretta a scendere ma, probabilmente per evitare di perdere tempo, ritiene preferibile saltare. Questa scelta le e’ fatale. Da questo punto in poi faccio mia la ricostruzione di chi ha restituito Gioele alla propria famiglia: Giuseppe Di Bello, ex brigadiere dei carabinieri”.
E’ probabile, conclude l’avvocato, che il bambino abbia vagato tra i boschi, “fino al momento in cui e’ incorso in un incontro funesto (forse un suino nero dei Nebrodi; in zona ve ne sono molteplici sia da allevamento che allo stato brado).
Quanto sopra deve essere vagliato, in modo accurato, e supportato da evidenze tali da rendere impossibile ogni alternativa possibile. Un lavoro che impone pazienza, rispetto e silenzio”.