“Turi Giarrizzo s’è buttato pentito”: ad Adrano già all’indomani dell’operazione di polizia denominata The King, la voce di una collaborazione del 29enne Giarrizzo con la magistratura aveva preso a circolare.
Il 21 luglio, a pochi giorni dalla conclusione del blitz antidroga Giarrizzo, assistito dal suo nuovo avvocato, si è presentato davanti al giudice Assunta Musella per redigere il verbale illustrativo dei contenuti della collaborazione.
E’ il ‘quadro’ dentro il quale il enne inserirà tutte le tessere del mosaico relativo all’organizzazione dello spaccio di droga e del reperimento di essa.
“Faccio parte del clan Scalisi di Adrano – ha dichiarato il collaboratore – nel quale sono entrato con il ruolo di referente. Dopo il blitz del 2017… un giorno mi convocò… (il nome è coperto da omissis, ndr.) dicendomi che ero da sempre una persona vicina alla famiglia e del quale il gruppo poteva fidarsi.
Mi specificò che avrei dovuto aiutarlo nella gestione del sodalizio e delle illecite attività sia concernenti il traffico di droga che le estorsioni. Effettivamente anche prima di tale riconoscimento sono stato sempre vicino alla famiglia”.
Per provare la propria credibilità di fronte ai magistrati, Giarrizzo ha già dato indicazioni ben precise: “Va rilevato che su sua indicazione – scrive il pm Musella – sono state trovate armi…rinvenute nell’auto sequestrata a Gorgone Giuseppe, altro componente del sodalizio, armi efficienti e pronte all’uso”.
Al nuovo collaborante, in questi giorni, è stato mostrato l’’album’ dei vari componenti l’organizzazione che si occupava del traffico di droga in tutto il territorio. “Il gruppo gestito dal Di Stefano – dichiara Giarrizzo – trattava sia cocaina che erba.
Il giornaliero medio si aggirava sui 2000/25000 euro solo per la droga leggera. Per tutte e due le sostanze il guadagno medio era di 4 mila euro.
“La nostra – continua Giarrizzo – era una piazza molto competitiva e solo a S. G. Galermo esiste una piazza egualmente remunerativa”.
Giarrizzo spiega agli investigatori il proprio ruolo centrale nell’ambito dell’organizzazione: “I proventi venivano portati da Di Stefano a me. Io provvedevo a pagare i detenuti e a soddisfare le altre esigenze del clan…I ragazzi che lavoravano nel gruppo di spaccio guadagnano sulla differenza di prezzo che si praticava tra il prezzo di acquisto e quello di rivendita e, poichè, si vendevano ingenti quantitativi, i guadagni erano notevoli. Non potevano comprare da altri soggetti”.