”Non c’è nessuna evidenza scientifica per cui possiamo affermare che il virus sia stato creato in laboratorio. ”Escludo l’origine artificiale.
Tuttavia, non è impossibile che un ricercatore o un tecnico possa portare fuori, ovviamente si presume inconsciamente, un virus dal laboratorio”. Risponde così, in una lunga intervista a Libero sul coronavirus, alla domanda se il covid possa essere stato creato in laboratorio, Giulio Tarro, il virologo che sconfisse il colera a Napoli.
”Senz’altro il virus -aggiunge- si può combattere, anche nei casi più gravi, con i diversi antivirali utilizzati ad oggi, c’è addirittura un antimalarico che va per la maggiore. C’è poi la cura con il plasma dei pazienti guariti da Covid19 si sta sperimentando in tutto il mondo. È una terapia, dimostrata con lavori scientifici pubblicati, che, come molte, presenta rischi ma, francamente, non si capisce proprio perché l’Oms – che ne aveva confinato l’utilizzo ‘solo nel caso di malattie gravi per cui non ci sia un trattamento farmacologico efficace’ – non ne abbia suggerito, almeno, la sperimentazione durante questa emergenza Covid19. Le posso dire che oltre alla sieroterapia, anche l’antimalarico sta dando ottimi risultati”.
”La soluzione non sarà il vaccino – sottolinea Tarro – anche perché in questo momento non ce l’abbiamo. Per un vaccino efficace e ‘privo di rischi’ ci vogliono almeno diciotto mesi e non è detto che in questo caso funzioni perché non esiste un solo Covid19. Un virus può mutare in appena cinque giorni. Il vaccino, per principio, è un metodo di prevenzione.
Quello contro l’Aids lo aspettiamo da 30 anni e non siamo riusciti a trovarlo. Siamo in presenza di un virus estremamente mutevole. Esistono più versioni del virus ed è per questo motivo che non può esserci un vaccino in grado, come nell’influenza, di metterci al riparo completamente”.
Quanto all’ipotetica perdita di forza del virus, Tarro afferma che ”il Covid19, più che perdere virulenza, si comporta come i virus influenzali che dapprima si espandono con l’epidemia, poi dopo che la popolazione sviluppa gli anticorpi e si immunizza, il virus non può più circolare.
Questo vale in linea di principio per tutti i virus naturali. Ritengo che in estate, quasi sicuramente, saremo abbastanza immunizzati. Col caldo tutto dovrebbe tornare alla normalità. Nella stagione successiva, se dovesse ripresentarsi, il virus potrebbe attaccare solo quei pochi che non hanno ancora sviluppato gli anticorpi. Secondo uno studio inglese, più del 60% degli italiani è stato contagiato ed ha sviluppato gli anticorpi. Per il prossimo autunno noi saremo, in larghissima parte, naturalmente immunizzati”.
”A mio avviso, il Covid19 potrebbe sparire completamente come la prima Sars, oppure ricomparire come la Mers, ma in maniera localizzata o cosa più probabile diventare stagionale come l’aviaria. Per questo serve una cura più che un vaccino”. Lo afferma in un’intervista a Libero Giulio Tarro, il virologo che sconfisse il colera a Napoli, che, sulla possibile relazione fra l’epidemia e l’utilizzo dei vaccini antinfluenzali dice che “a Bergamo, il vero epicentro dell’emergenza come sottolineato da più parti, dove si è verificato qualcosa di ingestibile e che francamente ha stupito anche me, che mi trovo a lavorare con epidemie da decenni, c’è stata una richiesta di ben 185mila dosi di antinfluenzale.
In concomitanza c’è stata un’endemia da meningococco per cui sono state richieste 34mila dosi. Tutti questi eventi sono sicuramente importanti, specialmente se messi a confronto con quello studio sull’esercito americano e quello olandese sul virus respiratorio sinciziale”. Sulla relazione fra inquinamento e diffusione del virus, Tarro afferma che “ci sono sicuramente delle relazioni e a ciò aggiungerei una cosa forse sottovalutata da molti.
Il fatto che i focolai di coronavirus italiano siano nella Pianura Padana, principalmente in Lombardia e Veneto, potrebbe dipendere da fattori ecologici, come alcuni tipi di concime industriale. Questi potrebbero aver alterato l’ecosistema vegetale e, quindi, animale nel quale uno dei tanti coronavirus normalmente in circolazione può aver avuto una inaspettata evoluzione”. “Eviterei di trasformare la Cina in un capro espiatorio – dice ancora il virologo -, per giustificare inefficienze che sistemi sanitari all’avanguardia non dovrebbero avere.
È necessaria un’argomentazione. Sulla diffusione del Sars-Cov 2, conta la zoologia correlata a una certa latitudine geografica. I virus influenzali hanno origine o da alcuni animali volatili o da alcuni animali acquatici. In primis i pipistrelli: è stato calcolato che nell’intestino di un pipistrello della Cina meridionale si celino almeno 50 tipi di coronavirus diversi. E, considerando che il pipistrello ha anche una grande importanza alimentare nel Paese, non ci si può certo stupire che il 3% degli agricoltori di tutta la Cina risulti positivo ai coronavirus: nella stragrande maggioranza dei casi fortunatamente si tratta di forme benigne”.
”Ritengo che in Italia siano state decise misure con una tempistica poco felice: varate in ritardo sull’effettiva convenienza ma al momento giusto, se vogliamo dire così, per aumentare stress e panico. Stress e panico di cui qualcuno sicuramente dovrà pagare il conto”. Lo afferma in un’intervista a Libero Giulio Tarro, il virologo che sconfisse il colera a Napoli, precisando che ”è acclarato che in Italia il virus circolava probabilmente già da moltissimo tempo. In Lombardia è scoppiata una ‘bomba atomica’, tutto in un lasso di tempo troppo breve a fronte della capacità del Sistema Sanitario. L’Italia ha chiuso i voli diretti con la Cina, senza controllare gli arrivi indiretti attraverso gli scali e quindi è stato possibile aggirare il divieto”. “A tutto questo – prosegue Tarro – si aggiunge lo sfascio del nostro Sistema Sanitario Nazionale: dal 1997 al 2015 sono stati ridotti del 51% i posti letto delle terapie intensive.
A gennaio quando si è saputo dell’epidemia in Cina, l’Italia non ha fatto nulla. La Francia – che non aveva nel tempo ridotto le terapie intensive – a inizio anno si è preparata e le ha raddoppiate. Noi no, siamo arrivati tardi. Sarebbe stato opportuno per esempio pensare per tempo a un raddoppio dei reparti di terapia intensiva. A ciò si deve aggiungere l’esistenza dei tuttologi, ma soprattutto le tante, troppe, divisioni nell’ambiente scientifico, a tratti perfino pretestuose”. (segue) Sull’immunità di gregge – dice ancora Tarro -, si è fatta molta confusione. Inizio col dire che io sarei stato favorevole alla ricetta utilizzata in Israele e quindi alla protezione degli anziani, lasciandolo però circolare tra i più giovani, che hanno maggiori difese immunitarie verso questo virus.
Sarebbe stato auspicabile parlare di immunità di gregge partendo dai giovani. L’immunità di gregge è quella che normalmente si cerca di ottenere con una vaccinazione verso un determinato agente che può essere un virus o un batterio. Attraverso questa si riesce ad ottenere il 95% della risposta immunologica delle varie persone, per questo si parla di ‘gregge”’.
”In merito al lockdown – continua – dico semplicemente che a mio avviso non ha senso, quantomeno non più e sarebbe insensato riproporlo nuovamente, come più volte si minaccia di fare. Il virus, così come tutti i virus, prolifera in spazi chiusi. Il sole e il mare sono gli antivirali per eccellenza.
La stagione estiva e la salsedine sono ottimi alleati. Ad ogni modo consiglio a tutti di stare all’aperto. Aiuterà a curare anche le ferite dell’anima provocate dal lockdown. Io riaprirei i teatri, i cinema, gli stadi, insomma tutto. Il buon senso nell’affrontare la vita rappresenta già un’ottima precauzione contro il virus, o meglio contro i virus e batteri con cui quotidianamente veniamo a contatto. Hanno già riaperto tutti, non capisco perché noi in Italia non lo facciamo. Bisogna riaprire, certo con intelligenza e buon senso, ma non possiamo morire di fame o sviluppare malattie mentali per questo motivo”.