Mafia, i clan gestivano scommesse e concessioni statali: a Palermo 10 misure cautelari, sequestrati 40 mln

Operazione All In

Operazione “All In”: le mani della mafia sulle concessioni statali del gioco e delle scommesse.

Eseguite 10 misure cautelari personali, sequestrate imprese con volumi di gioco per 100 milioni di euro.

Su delega della procura di Palermo, i finanzieri del locale Comando provinciale hanno dato esecuzione a 5 misure restrittive in carcere e 3 ai domiciliari, per partecipazione e concorso esterno nell’associazione mafiosa, riciclaggio e trasferimento fraudolento di valori, questi ultimi reati aggravati dalla finalita’ di aver favorito le cosche mafiose cittadine; due divieti di dimora nel comune di Palermo.

Con il medesimo provvedimento il gip ha disposto il sequestro preventivo dell’intero capitale sociale e del relativo complesso aziendale di 8 imprese, con sede in Sicilia, Lombardia, Lazio e Campania, cinque delle quali titolari di concessioni governative cui fanno capo i diritti per la gestione delle agenzie scommesse; 9 agenzie scommesse, ubicate a Palermo, a Napoli e in provincia di Salerno, attualmente gestite direttamente dalle aziende riconducibili agli indagati, per un valore complessivo stimato in circa 40 milioni di euro.

Una vera e propria “impresa mafiosa”, per gli inquirenti, in quanto le attività sequestrate era “strategicamente dirette” da soggetti appartenenti e contigui a Cosa nostra, erano finanziate da risorse economiche illecite.

In azione 200 militari della Guardia di finanza, in forza ai Reparti di Palermo, Milano, Roma, Napoli e Salerno, con decine di perquisizioni in Sicilia, Campania, Lazio e Lombardia.

Le complesse indagini condotte dal Gico del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria di Palermo, seguite da un pool di sostituti coordinati dal procuratore aggiunto Salvatore de Luca, con intercettazioni telefoniche e ambientali, appostamenti, pedinamenti, videoriprese, esami dei flussi finanziari, hanno consentito di delineare il grave quadro indiziario: in particolare, hanno consentito di fornire una dimostrazione della “sistematica ricerca del potere economico” da parte di Cosa nostra, con riferimento all’acquisizione del controllo del settore economico della gestione dei giochi e delle scommesse sportive; di delineare l’esistenza di un gruppo di imprese gravitante intorno alle figure centrali di Francesco Paolo Maniscalco, già condannato per la sua appartenenza alla famiglia di Palermo Centro, e di Salvatore Rubino che ha messo a disposizione dei clan la propria abilità imprenditoriale al fine di riciclare denaro di origine illecita e, al contempo, di esercitare un concreto potere di gestione e imposizione sulla rete di raccolta delle scommesse.

Ricostruite le metodologie attraverso cui l’organizzazione criminale è riuscita a infiltrarsi nell’economia legale, attraverso il controllo di imprese – la cui gestione operativa era demandata a Vincenzo Fiore e Christian Tortora – che detengono, anche a seguito della partecipazione a bandi pubblici, le concessioni statali rilasciate dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli per la raccolta di giochi e scommesse sportive.

L’ambizioso progetto aziendale mafioso ha beneficiato di finanziamenti provenienti sia dal mandamento di Porta Nuova, a opera del cassiere che ha investito, ottenendone profitto, liquidità destinate anche al sostentamento dei carcerati, sia dal mandamento di Pagliarelli attraverso l’acquisto di quote societarie da parte dei fratelli Elio e Maurizio Camilleri, imprenditori collusi vicini al reggente del momento, investimento poi liquidato a causa di dissidi interni, con l’erogazione, in più ‘tranche’, di oltre 500 mila euro.

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