“Pensavo che sarebbe stata durissima, e lo è. Ma sento davvero forte il sostegno del presidente Conte e di tutti i ministri. Non mi sento né solo, né abbandonato. Le ragioni per cui è durissima hanno anche a che fare con l’organizzazione del nostro Stato e l’incontro-scontro fra l’emergenza e chi vi assiste dalle poltrone dei talk show o scrive sui social”.
Così, in un’intervista al Corriere della Sera, il commissario all’emergenza coronavirus Domenico Arcuri parla del suo incarico. E torna sul tema mascherine, rispondendo ai farmacisti che dicono di lavorare in perdita per poterle davvero vendere a 0,50 euro.
“Come fanno a rimetterci? Ho detto che se i distributori e i farmacisti comprano a un prezzo maggiore gli viene ristorata la differenza.
Ma ora è tutto risolto, ci siamo capiti e andiamo avanti insieme. Partiamo dall’inizio. Al mio arrivo a metà marzo l’approvvigionamento era faticosissimo: noi entriamo nella crisi senza un’industria nazionale del settore. Il luogo dove si fanno mascherine è la Cina. In più, abbiamo da fare una montagna di certificati, validazioni, burocrazie.
A quel punto ci tuffiamo in una guerra commerciale devastante. L’Italia lancia un incentivo in cinque giorni per promuovere la nascita di un’industria nazionale, infatti oggi 129 imprese si stanno riconvertendo o iniziando a produrre, qualcuna anche per noi. In più, ci mettiamo a cercare chi faccia macchine per produrre le mascherine. E iniziamo ad approvvigionarci. Lo conosce lei il viaggio della mascherina? Va fatta in Cina, poi messa in una white list per l’esportazione, quindi sale su un cargo per l’Italia, alla dogana c’è una prima verifica per la certificazione, poi l’Inail o l’Istituto superiore di sanità danno altre certificazioni.
Infine devi distribuirle. Ho messo in campo anche l’esercito. Intanto gli speculatori vendono in giro prodotti non in regola a prezzi assurdi o provano a offrirli al governo e alle regioni. E quando non ci riescono, trovano l’amico che dice in tv che Arcuri è un incapace, perché le mascherine non si trovano”. Sulla produzione delle mascherine, Arcuri spiega: “Il costo di produzione è di 10 cent. L’Ima della famiglia Vacchi e la Fameccanica del gruppo Angelini si sono messe a produrre macchine per mascherine, lavorando sette giorni su sette. Fca e Luxottica ci danno gli stabilimenti per farle lavorare. Tutti senza guadagnarci.
Quelle 129 imprese stanno iniziando a entrare a regime: è un processo iniziato ai primi di aprile, ora siamo ai primi di maggio e la produzione nazionale copre già il 15% del fabbisogno. Non male. A ottobre sarà il 100%.
Nell’immediato darò altri 10 milioni di mascherine ai distributori delle farmacie per integrare i loro approvvigionamenti e fare in modo che si trovino anche lì a 50 cent, non solo nei supermercati. Chi critica i 50 cent ha una doppia morale: per quelli che si indignano in diretta non è mai un problema trovare una mascherina a 5 euro. Per il figlio del loro portiere, sì”.