Detenzione domiciliare per il boss ergastolano Francesco ‘Ciccio’ La Rocca, padrino indiscusso di Caltagirone.
Lo ha deciso il giudice di sorveglianza di Milano competente per la detenzione di La Rocca nel supercarcere di Opera, che ha accolto l’istanza del suo legale, l’avvocato Angelino Alessandro. Il legale aveva fatto istanza di concessione dei domiciliari per motivi di salute già lo scorso dicembre, ma l’udienza era stata fissata una prima volta a marzo, poi per il 2 aprile. Nel frattempo è scoppiata l’epidemia coronavirus e l’avvocato Alessandro ha riformulato la richiesta, la cui decisione è stata presa il primo di aprile. Francesco La Rocca è tornato in Sicilia, a San Michele di Ganzaria, autorizzato dal magistrato di Sorveglianza. Lì sta scontando la condanna all’ergastolo in regime degli arresti domiciliari.
Mafioso di rango sin da giovanissimo, La Rocca e’ stato da sempre punto di riferimento della famiglia di Cosa nostra nel Calatino. Vicino ai corleonesi si e’ sempre schierato con Bernardo Provenzano, oltre ad essere citato dal boss in alcuni dei pizzini trovati nel suo covo. Di lui ha parlato a lungo il pentito Antonino Calderone, fratello di Giuseppe Calderone ‘cannarozzu d’argento”. La Rocca e’ stato piu’ volte arrestato: nel 2005 nel corso del blitz “Dionisio” dei carabinieri del Ros: sarebbe stato l’ideatore di una serie di attivita’ illecite che, grazie al peso criminale di La Rocca, avevano fissato il baricentro della famiglia catanese di Cosa nostra nelle campagne del calatino. Secondo gli inquirenti per alcuni anni le strategie criminali di una parte dei vertici dei Santapaola sono state pianificate in quella zona. Non a caso Nitto Santapaola fu arrestato dopo anni di latitanza in contrada “Granieri” a Caltagirone.
VA AI DOMICILIARI ANCHE IL PATERNESE ANTONINO RAPISARDA
Lascia il carcere di Gazzi di Messina per tornare a Paternò, ai domiciliari, anche Antonino Rapisarda, inteso ‘Ninu u biondu’, considerato dagli investigatori esponente di rilievo del clan Morabito, articolazione mafiosa territoriale legata alla cosca catanese dei Laudani ‘Mussi i ficurinia’.
I domiciliari sono stati concessi a Rapisarda per gravi motivi di salute: l’uomo soffre di alcune gravi patologie contenute nella tanto contestata circolare del Dap. La decisione è stata presa dal giudice di sorveglianza di Messina.
Rapisarda deve scontare una condanna per mafia a 17 anni e 8 mesi. Il 22 aprile scorso, nel processo d’appello denominato Vicerè, ha riportato una condanna a 4 anni e 4 mesi.