“E’ un periodo certamente duro ma i bombardamenti erano un’altra cosa”.
In un’intervista al Corriere della Sera Renzo Arbore, in isolamento nella sua casa romana, rispolvera i ricordi di bambino e annuncia che non uscirà dopo il 4 maggio: “Voglio essere prudente”.
“Da bambino – dice – ho visto e sentito l’odore della guerra e ho sofferto anche il coprifuoco c’era la fame, c’era il nemico, noi bambini non avevamo niente, non c’era la tv, non c’erano i telefonini, ma una noia infernale. Quindi no, oggi non è la guerra”.
Arbore appartiene alla fascia di età più colpita dal coronavirus. “Mi turba moltissimo la morte – confessa – Come diceva Enzo Biagi, siamo nell’età in cui andiamo a vedere i necrologi per trovare i nostri amici. Mi turba soprattutto che chi se ne è andato non ha avuto il conforto di una persona vicina, anche se medici e infermieri si sono presi questo carico”.
La cosa che gli manca di più? “I concerti. E’ dal ’91 che giro il mondo con L’Orchestra italiana, e a causa del coronavirus sono saltate sette date. Ma non è per me che sono preoccupato: con me si muovono tecnici, musicisti, persone rimaste senza protezione e di cui nessuno sta parlando. Al premier Conte chiederei di tutelare chi lavora nel mondo dell’arte e della musica”.