“Inaccettabile”, “esigiamo”: di rado, nelle cronache della Repubblica, si erano registrate queste parole lanciate dall’altra sponda del Tevere.
E sì che, dall’inizio della crisi dovuta alla pandemia di coronavirus, i segnali di una forte intesa tra la Roma della politica e quella della Chiesa erano stati forti. Tanto da far parlare di un Tevere mai così stretto.
Le indicazioni delle autorità italiane in materia di contrasto al contagio sono state recepite tutte, più o meno, con la decalcomania da parte vaticana: chiusi gli uffici, distanziamento rispettato, mascherine e soprattutto questo: chiese aperte, ma niente funzioni.
Primo a dare a vedere la precisione e la puntualità con cui le indicazioni venivano fatte proprie lo stesso Papa Francesco: solo nel pellegrinaggio alla Salus Populi Romani, solo sulla Piazza per la preghiera per la protezione contro il morbo, solo nella Basilica alla Domenica delle Palme e a Pasqua. Angelus trasmesso prima dai maxischermi, poi – come anche le udienze, i Regina Coeli e soprattutto la messa mattutina da Santa Marta – tutto via streaming. Intesa perfetta, veniva da pensare, suggellata dal basso numero di casi di contagio dentro e attorno alle Mura Leonine: solo nove, puntualmente riferiti con nota della Sala Stampa Vaticana.
Infine la foto del Pontefice che riceve i presidente del Consiglio Giuseppe Conte nel suo studio: aria informale, sorriso di entrambi seduti all’angolo della scrivania del padrone di casa. Visione plastica di un clima disteso.
Ma una settimana fa, con il rallentare della curva dei contagi e i primi segnali di un allentamento dell’emergenza, una serie di prese di posizione, ad iniziare dal sottosegretario della Conferenza Episcopale Italiana Ivan Maffeis che da “Avvenire” chiedeva che si riprendesse l’esercizio pubbico dell’umana pieta’ per i morti, e dell’accoglienza alla vita per i neonati. Funerali e battesimi, per ricominciare a vivere. Se non addirittura la ripresa, con modalita’ da approfondire, delle funzioni domenicali.
Lo stesso Papa, il 17 aprile, e’ intervenuto a riguardo.
Inutile dirlo: da una messa in streaming da Santa Marta. “Cosi’ non e’ Chiesa”, ha messo in guardia. Anzi “e’ un pericolo” celebrare la messa senza popolo. Certo, per via del “momento difficile” si puo’ accettare la misura di emergenza, ma guai a “viralizzare la Chiesa, i sacramenti, il popolo”. Insomma, al momento va bene “per uscire dal tunnel, non per rimanere cosi'”.
Sono seguiti giorni di trattative delicate e serrate, perche’ l’opinione del governo Conte e’ stata sempre quella di evitare il piu’ possibile una seconda ondata, proprio ora che la curva e’ decrescente e si puo’ immaginare un lento ritorno alla nromalita’: lento. Quindi stasera il nodo e’ venuto al pettine, con Palazzo Chigi che apre sono in minima parte, accedendo solo – ed in modo riduttivo – alla richiesta sui funerali.
“Sara’ molto difficile far capire perche’, ovviamente in modo saggio e appropriato, si potra’ tornare in fabbriche e in uffici, entrare in negozi piccoli e grandi di ogni tipo, andare in parchi e giardini e invece non si potra’ partecipare alla Messa domenicale”, scrive immediatamente Avvenire in un editoriale del direttore, Marco Tarquinio, noto nell’ambiente per la sua usuale pacatezza. “Sara’ difficile perche’ e’ una scelta miope e ingiusta. E i sacrifici si capiscono e si accettano, le ingiustizie no”, aggiunge, e con questo chiude i discorso.
Poi il colpo piu’ duro: al lunga nota di protesta della stessa Cei, dai toni quasi ultimativi. Al governo italiano quasi si rinfacciano le prese di posizione pubbliche in materia, registrate nei giorni scorsi. “Il Decreto della Presidenza del Consiglio dei Ministri varato questa sera (ieri ndr.) esclude arbitrariamente la possibilita’ di celebrare la Messa con il popolo”, si sottolinea, “I Vescovi italiani non possono accettare di vedere compromesso l’esercizio della liberta’ di culto”. E si aggiunge: “la Chiesa esige di poter riprendere la sua azione pastorale”. La durezza e’ inusitata, la frattura profonda.
Arriva in serata la risposta del governo: si “prende atto della comunicazione della Cei e si conferma quanto gia’ anticipato in conferenza stampa dal presidente Conte”. Poi l’aggiunta: “Gia’ nei prossimi giorni si studiera’ un protocollo che consenta quanto prima la partecipazione dei fedeli alle celebrazioni liturgiche in condizioni di massima sicurezza”. Come dire: ora vedremo di sistemare.
Bastera’? i siti legati alla Chiesa italiana e al Vaticano non sembrano ansiosi di registrare la frenata, aincera o meno che sia. Le conseguenze di questo brusco raffreddamento si capiranno, nella loro portata, nei prossimi giorni, o anche un po’ piu’ in la’.