I vescovi di Sicilia, “interpreti del sentimento del clero e dei fedeli che desiderano la ripresa graduale della vita liturgica e delle attività pastorali”, manifestano con un documento “piena adesione” alla Nota della Conferenza episcopale italiana e condividono “il disaccordo” sul Decreto della Presidenza del Consiglio dei ministri, varato ieri, con il quale si “esclude arbitrariamente la possibilità di celebrare la Messa con il popolo”, “compromettendo ulteriormente l’esercizio della libertà di culto garantita dalla Costituzione italiana”.
Si ribadisce che “e’ fondamentale distinguere tra le responsabilita’ politiche del governo, le responsabilità professionali del Comitato tecnico-scientifico e le responsabilità etico-spirituali della Chiesa, chiamata a organizzare la vita della comunità cristiana nel doveroso rispetto della propria autonomia e con l’adozione delle misure idonee a salvaguardare la salute dei cittadini”.
Da Adrano, intanto, parte una ‘lettera aperta’ indirizzata al presidente del Consiglio Conte, al ministro Lamorgese e al presidente della Regione Musumeci, per criticare la decisione del Governo di non aprire al culto le chiese. Il documento è firmato, tra gli altri, Da Fabio Mancuso, Salvo Italia, Pino Lo Re, Aldo Di Primo e Turi Sanfilippo.
EccCo il testo della ‘lettera aperta’:
Siamo sconcertati ed esterrefatti per non aver concesso ai fedeli, con le nuove disposizioni previste a partire dal 3 maggio, la possibilità di partecipare alle funzioni liturgiche. Se sono permessi e delle aperture e concessioni per alcune attività lavorative, non si comprende perché, con le dovute precauzioni igienico-sanitarie, venga proibito di potersi accostare ai sacramenti e di rivivere un importante momento religioso-comunitario per i cattolici. La Chiesa cattolica e tutto il popolo di fedeli, che a Lei guardano con devozione e filiale osservanza, hanno responsabilmente seguito, nella fase del rigido e ferreo lockdown, le disposizioni emesse dalle autorità preposte alla salvaguardia della salute dei cittadini.
Ma se si allentano le restrizioni e si consente di poter riprendere un minimo di vita sociale e lavorativa, risulta incomprensibile non permettere la celebrazione della Santa messa. Ai cattolici non sfugge che sia necessario parteciparvi in totale e piena sicurezza. I nostri sacerdoti e fedeli non sono degli sprovveduti a tal proposito. Nessuno vuole e reclama chiese affollate.
Ritornare a vivere un importante momento comunitario di preghiera e condivisione intorno al sacrificio di Cristo, anzi, può dare fiducia e carica spirituale, sicuramente indispensabili in questo momento di smarrimento e scoramento.
Chiediamo, pertanto, di rivedere le disposizioni in materia di celebrazioni religiose. In questi mesi, la carità e l’evangelizzazione non si sono mai interrotte, chiediamo solamente che esse riprendano ad essere rialimentate con la sorgente che il sacerdote rinnova tramite la memoria del sacrificio di Cristo.