Coronavirus, Rezza (Iss): “Due mesi dopo, l’Italia sta decisamente meglio. Ora agire sul territorio per prevenire focolai”

Due mesi dopo quel 20 febbraio, “l’Italia sta decisamente meglio”.

Lo afferma Gianni Rezza, epidemiologo e direttore del Dipartimento malattie infettive dell’Istituto superiore di sanità, in un’intervista a Repubblica in cui traccia un bilancio, doloroso ma positivo. “Il virus circolava in Italia da metà gennaio, forse ancora prima – spiega – La situazione si è fatta subito pesante, con gli 11 Comuni del Lodigiano dichiarati zona rossa. Ma purtroppo i buoi erano già usciti dalla stalla.

Pensavamo di poter controllare il virus, invece ci siamo ritrovati l’epidemia in casa”. Ora l’Italia sta “decisamente meglio. Lo dicono tutti gli indicatori: diminuiscono i nuovi casi, c’è meno pressione sugli ospedali e il famoso R0, l’indice di contagio, che nelle prime fasi dell’epidemia era superiore a 3 (ogni infetto contagiava in media più di tre persone, ndr ) oggi è di poco inferiore a uno”. Per Rezza la “sfortuna ha voluto che l’epidemia esplodesse nella fase di picco influenzale: chi aveva il virus ma con sintomi lievi è stato scambiato per un malato d’influenza, solo i casi più gravi hanno fatto scattare l’allarme. Questo ritardo ha dato il tempo al Covid 19 di diffondersi. E poi nell’esito della battaglia ha contato l’impostazione dei Servizi sanitari nazionali, molti dei quali, anche a causa dei tagli alla sanità, erano impreparati”.

Il lockdown, continua “ha protetto il Centro-sud e ha fatto scendere la trasmissione del virus anche al Nord. Se oggi l’Italia sta meglio è proprio per queste misure adottate. Certo, ci sono state falle: i focolai familiari, ma soprattutto quelli scoppiati negli ospedali e nelle Rsa con un altissimo tributo di morti, anche tra i medici”. E conclude: “è giusto voler tornare alla normalità, soprattutto per chi sta soffrendo economicamente. Però è anche giusto continuare a essere preoccupati. Abbiamo fatto molti progressi, abbiamo più posti nelle terapie intensive, si fanno più tamponi, ma d’ora in poi occorre agire sul territorio per identificare tempestivamente qualsiasi focolaio, perché il virus continuerà a circolare”.

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