Coronavirus, i nostri politici mettano le mani in tasca e facciano solidarietà: sono italiani anche loro

di Angelo Sambataro

Voler suscitare qualcosa negli altri è atto di presunzione. A maggior ragione quando si è convinti che si è stati folgorati da qualche idea che magari sta lì, a portata di qualche chiacchierata tra amici, ma non si è mai arrivati a concluderla e a definirla, né trovata la forza per divulgarla e sperimentarla. L’idea è quella della solidarietà.

Il rischio tuttavia di scivolare nel banale e nell’ovvio è incombente specie quando certi propositi provengono da un normale cittadino che crede di poter dare suggerimenti alla classe politica per contribuire – magari in modo drastico, ma certamente indolore – ad affrontare meglio situazioni di insormontabili difficoltà.

La solidarietà è stata fino ad oggi sempre rappresentata dalle istituzioni, dalla società civile, dalle imprese, dalle associazioni di volontariato e soprattutto dai cittadini che, ricchi o poveri, hanno dato spontaneamente il proprio contributo in denaro in ogni particolare situazione di bisogno: compresi i possessori di telefoni e telefonini con il minimale dei due euro.
Sono proprio i cittadini italiani che hanno manifestato sempre un impegno disinteressato ed impersonale di fronte ad ogni calamità.
Un gesto di eguale e doverosa solidarietà – specie quando le “sventure” riguardano proprio quelle italiane – reputo giusto che provenga direttamente dagli “eletti del popolo” che i cittadini hanno scelto per essere rappresentati e di cui – non si capisce perché – non si sente mai parlare di un loro personale coinvolgimento.

E in effetti i nostri rappresentanti del Parlamento nazionale, del Parlamento Europeo o dei Consigli regionali dovrebbero per primi, e spontaneamente, compiere gesti di vera solidarietà verso coloro che rappresentano e che oggi si trovano in un momento di grossa ed obiettiva difficoltà, travolti da eventi inaspettati e da conseguenze economiche future certamente disastrose.
L’auspicata solidarietà ovviamente non deve provenire dall’organismo cui appartengono che certamente può disporre, e dispone, elargizioni nell’ambito delle proprie competenze, quanto dalle personali tasche dei nostri deputati, senatori e consiglieri regionali: magari con un bel gesto (10 mila euro a testa per i mesi di aprile e maggio da parte dei parlamentari nazionali ed europei e 5mila euro di quelli regionali).

Non importa quanto assomma il totale di oltre 2000 persone (che non sarebbe poco e che soprattutto appare senza alcun dubbio sopportabile individualmente). Più rilevante è dare un segnale forte, in controtendenza, non solo di partecipazione solidale ma soprattutto di impegno personale nel sostenere, ancor più degli altri, il paese e soprattutto i cittadini che li hanno votati.

D’altra parte le indennità percepite attengono proprio alla loro qualità di rappresentanti del popolo.
Questo credo sia il modo migliore per ricambiare in concreto la fiducia ricevuta dai propri rappresentati.
Mi assale tuttavia un dubbio: possiamo lasciare che un atto di solidarietà così nobile, impegnativo e, aggiungerei, eclatante – peraltro da essere compiuto contestualmente da tutti e in eguale misura – venga affidato soltanto alla libera coscienza di ciascuno degli eletti del popolo?
Crediamo di no.
E non pare che ci sia alcuna soluzione tecnica, o giuridica, all’infuori di una sperata spontaneità, o autodeterminazione, cui bisogna affidarsi: non c’è infatti alcuna norma, né meccanismo, che possa disporre per i rappresentanti – neppure in una situazione come quella che stiamo vivendo – un “obbligo” di tal genere.

Nel frattempo se siamo però convinti che nella attuale situazione di affanno sia giusto, necessario e doveroso, che gli eletti da noi scelti sottostiano pubblicamente anche a questo impegno, facciamo sentire la nostra voce in modo tale che i medesimi non continuino a mantenere, con disinvoltura, lo status di “indipendenti e sciolti” da ogni mandato di rappresentanza, così come è stato a tutt’oggi: perpetrando in questo modo il personale disimpegno anche nel succedersi delle calamità.
Invitiamo i nostri delegati – in attesa di qualche cambiamento istituzionale – a compiere spontaneamente questo gesto “estremo”.

Siamo tutti italiani o no?

Riguardo l'autore Redazione

Rispondi

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.