Protesta a Catania da parte degli avvocati durante l’inaugurazione dell’Anno giudiziario alla Corte di Appello. La protesta, nasce dalla situazione “che si e’ venuta a determinare con i vuoti nell’organico dei magistrati in servizio al tribunale e del personale amministrativa e dal disagio dell’intera classe forense nei confronti della recente riforma sulla prescrizione”. Avvocato del foro etneo si sono alzati in piedi con la Costituzione in mano mentre i colleghi di Siracusa, sono usciti dall’aula durante l’intervento del rappresentante del governo nazionale. Gli Avvocati ‘liberi’ non hanno partecipato.
Ecco l’intervento integrale del presidente della Camera penale di Catania ‘Serafino Famà’, avv. Salvatore Liotta:
Signor Presidente della Corte d’Appello, Signor Procuratore Generale, Autorità, Signori Magistrati, Onorevoli Colleghe e colleghi, Signore e Signori,
a tutti rivolgo il mio saluto ma soprattutto quello della Camera Penale “Serafino Famà” di Catania insieme alle Camere Penali del Distretto, degli Iblei di Ragusa, “Pierluigi Romano” di Siracusa e “Giorgio Arcoleo” di Caltagirone.
L’anno che viviamo ci porterà a ricordare l’avv. Serafino Famà nel 25^ anniversario del suo martirio civile, che lo ha reso patrimonio di questo foro, di questa città e di questa comunità dei giuristi etnei, tutti. Gli stessi ambiti che in vita lo videro sempre protagonista, prima e di là dal suo sacrificio.
Il pensiero di Serafino Famà va ad un avvocato che aveva chiaro il senso della comune cultura della giurisdizione, nobilitato dal suo quotidiano impegno, nel rispetto del ruolo della magistratura, inquirente e giudicante, e nella chiara consapevolezza del ruolo di garanzia dell’Avvocato e della difesa.
Imprescindibile e indispensabile, perché possa esserci diritto affermato e giurisdizione autorevole ed equilibrata.
L’Università insegna che il legislatore è sistematico e razionale per definizione, ciò non vuol dire, però, che questi sia sempre ragionevole.
Una norma manifesto o, come definita da qualcuno, bandierina, quella sulla sospensione sine die della Prescrizione, si accompagna ad una campagna di mistificazione e di inganno della pubblica opinione sull’istituto. Sbandierare l’intervento abrogativo sul 25% del fenomeno, quelle che maturano dopo la sentenza di primo grado, e tacere sul 75% delle prescrizioni che maturano prima della sentenza, vuol dire accettare la crisi del sistema giustizia. E’ pensiero espresso dal Primo Presidente della Corte Suprema di Cassazione, non da un avvocato.
Per questo gli avvocati presenti in sala hanno ostentato i codici, della legge penale e della procedura penale, strumenti quotidiani del nostro, e del vostro lavoro. Evidentemente negletti e ripudiati perchè vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare.
E abbiamo notato, tutti, che il termine prescrizione non è stato mai menzionato dal rappresentante del governo nel suo lungo intervento.
Ma l’abrogazione della prescrizione dopo il primo grado appare sempre più solo un pretesto, un cavallo di Troia, per chiudere i conti con la riforma del processo in senso accusatorio e non più inquisitorio e per aprire una strada alla manomissione del diritto all’impugnazione. Su questi temi l’avvocatura penale non potrà essere né concorde né acquiescente ma eserciterà il suo inviolabile diritto di critica e divulgazione sui temi reali della giustizia.
Temi che per essere oggetto di confronto e corretta informazione dell’opinione pubblica devono essere fondati sulla conoscenza dei reali dati statistici: tra pochi giorni daremo notizia dei dati relativi al nostro Tribunale che sono stati raccolti in un lavoro di rilevazione statistica commissionato dall’Unione delle Camere Penali Italiane, con il supporto scientifico di Eurispes, che ha visto anche Catania tra le sedi dell’analisi.
Da ultimo, e anche questo è pensiero comune delle Camere Penali Distrettuali, non possiamo tacere sull’attacco virulento portato alla funzione ed alla dignità del difensore da esponenti di punta della magistratura associata e ora del CSM: le esternazioni, note a tutti, del consigliere Davigo sulla funzione difensiva, rappresentata come meramente speculativa e parassitaria, fino a teorizzare ipotesi di responsabilità in solido per le impugnazioni, oltre ad essere, anche queste, irricevibili, sono espressioni di gratuita denigrazione di una funzione essenziale per l’amministrazione della Giustizia??
Nel ricordo di Serafino Famà possiamo affermare che puntare alla minimizzazione ed alla marginalità del difensore non produce solo un vulnus al diritto di difesa, costituzionalmente garantito a tutti i cittadini, ma lascia soli, terribilmente soli e responsabili anche i giudici chiamati a svolgere la fondamentale funzione di amministrare giustizia ed emettere sentenze dopo il necessario contraddittorio tra le parti. Attenzione. Facciamo attenzione. Tutti.
Grazie e buon lavoro a tutti noi.