E’ stata aggiornata al prossimo 22 aprile, per difetto di notifica, l’udienza preliminare davanti al Gip di Catania, Luigi Barone, scaturita dall’inchiesta ‘Pupi di pezza’ per diversi casi di bancarotta per una cifra complessiva stimata in circa 220 milioni di euro.
Tra i 13 imputati Antonio Pogliese, 76 anni, titolare di uno dei più importanti studi di economia e finanza e specialista del settore della grande distribuzione e padre del sindaco di Catania, Salvo, totalmente estraneo all’inchiesta.
Il processo è stato chiesto dalla Procura di Catania anche per Michele Catania, Salvatore Pennisi, Salvatore Virgillito, Antonino Grasso, Concetta Galifi, Rosario Patti, Alfio Sciacca, Nunziata Conti, Enrico Virgillito, Antonio Vitellino, Antonella Scarso, e Rosario Siscaro. Stralciate le posizioni di quattro indagati: Antonio Grasso, Giuseppe Andrea Grasso, Francesco Viola e Orazio Massimino. L’inchiesta, denominata ‘Pupi di pezza’, è basata su indagini della Guardia di finanza di Catania.
L’attività svolta dagli specialisti del Nucleo di Polizia Economico-Finanziaria – consistita nell’esecuzione di intercettazioni telefoniche e ambientali nonché di accertamenti bancari e acquisizioni documentali presso enti pubblici – ha messo in luce l’esistenza di un articolato sistema illecito che si sviluppava attraverso le seguenti fasi:
– una società in stato palese di deficit finanziario – caratterizzato, in particolare, da consistenti debiti erariali – si affidava allo studio commerciale al fine di eludere eventuali procedure fallimentari e di riscossione.
Nello specifico, i professionisti indagati subentravano formalmente quali intermediari abilitati alla trasmissione telematica delle dichiarazioni fiscali dei gruppi societari ma, di fatto, fornivano un illecito “pacchetto” di servizi per condurre le imprese “sottopatrimonializzate” al riparo da possibili investigazioni delle Autorità preposte.