Catania, da KōArt l’1 febbraio s’inaugura People: in mostra 5 lavori del fotogiornalista Fabrizio Villa (GUARDA IL TRAILER)

 

Sabato primo febbraio, presso la galleria KōArt unconventional place di Catania, s’inaugura, People, mostra personale del fotografo Fabrizio Villa, a cura di Aurelia Nicolosi e Marilina Giaquinta. Sono cinque i lavori in mostra. Tra questi Chef all’Opera, selezionata dal «New York Times» tra le foto più rappresentative del 2019, che sarà presentata al pubblico per la prima volta.

Dal 1988 Fabrizio Villa Villa si dedica al fotogiornalismo con servizi che raccontano storie, uomini, avvenimenti del suo tempo. Le sue fotografie sono documentazioni per immagini del disagio sociale ed esistenziale dell’uomo contemporaneo, grandi eventi, scenari bellici e fenomeni naturali, spesso legati alla sua terra, come le eruzioni dell’Etna. L’autore ama osservare ciò che lo circonda dall’alto: da un elicottero, dalla terrazza di un grattacielo, dal palco di un teatro. La sua è una prospettiva totalizzante e spesso inedita: si allontana dal soggetto per osservarlo nella sua complessità.
Le opere della mostra People possono essere considerate come “ritratti collettivi”, “paesaggi umani” in cui il fotografo invita l’osservatore a cercare nella moltitudine di colori e dettagli, i volti e le forme individuali. C’è vita – c’è la vita – nelle immagini panoramiche di Fabrizio Villa. Conta l’elemento architettonico o naturale, conta il cromatismo esaltato da composizioni di grande impatto, ma per l’autore conta soprattutto l’elemento umano: corpi rimpiccioliti dalla prospettiva, ombre a volte quasi invisibili, così simili, eppure distinte. Sotto un ombrellone, durante una delle feste più importanti d’Italia, in una performance artistica, dentro un teatro o durante una missione di salvataggio in alto mare.
La sua visione dall’alto sembra voler cercare l’uomo e descrivere il suo rapporto tormentato con la Terra e la Natura. Un’indagine a tutto tondo che racconta l’Antropocene nelle sue molteplici stratigrafie. Ecco che la mostra diventa un racconto sintetizzato in cinque scatti di grandi dimensioni in cui è racchiuso tutto lo spirito dell’artista, che, con verismo e lealtà, ritrae contemporaneamente la magnificenza e la fragilità della nostra società. Immagini indelebili della trasformazione contemporanea.

«Fabrizio Villa – scrive nel suo testo, la curatrice Marilina Giaquinta – rappresenta la “gente” come puntini lontani e indistinguibili, sparsi su frecce direzionali, quasi un pendant di colore con le acque scure del lago (e non importa se si tratta del ponte galleggiante sul Lago d’Iseo dell’artista Christo Yavachev), come fiume straripante di devoti che ricopre la piazza e la via in un magma arginato dall’austerità delle chiese e dei palazzi barocchi, come corpi inerti fissi immobili, distesi al sole o sotto ombrelloni variopinti, come volti chiusi e addormentati di mamme e bambini in mezzo a stracci e a coperte di risulta, come angeli candidi in mezzo al velluto rosso del teatro lirico, quasi disegni di un tromp l’oeil, che rammentano i merletti del Teatro Olimpico palladiano. Puntini, colori, magma, coperte, biancore, senza volti, senza sembianze, folla unita e separata allo stesso tempo, mare della vacanza e mare della disperazione stanca, religione che non è preghiera ma culto, che non è spirito ma devozione».

Fabrizio Villa con la sua visione dall’alto sembra voler cercare l’uomo e descrivere il suo rapporto tormentato con la Terra e la Natura. Un’indagine a tutto tondo che racconta l’Antropocene nelle sue molteplici stratigrafie. Ecco che la mostra diventa un racconto sintetizzato da cinque scatti di grandi dimensioni in cui è racchiuso tutto lo spirito dell’artista, che, con verismo e lealtà, ritrae contemporaneamente la magnificenza e la grettezza della nostra società. Immagini indelebili della trasformazione contemporanea.

«È necessario sentirsi coinvolti in quello che si ritaglia attraverso il mirino. Fotografare è riconoscere, nello stesso istante e in una frazione di secondo, un fatto e l’organizzazione rigorosa delle forme percepite visualmente che esprimono e significano quel fatto. È mettere sulla stessa linea di mira la testa, l’occhio e il cuore. È un modo di vivere. Così parlava Henri Cartier-Bresson e Fabrizio Villa – spiega la curatrice Aurelia Nicolosi – sembra fare sua tale lezione: il viaggio e le persone, da cui il nome del progetto People, sono diventati i punti focali di una carriera costellata di esperienze molto potenti, che hanno raccontato l’uomo nelle sue molteplici trasformazioni e sfumature.
Sono tutte lì, concentrate in uno scatto intenso, la speranza e la disperazione dei migranti colti in un momento di riposo taumaturgico, dopo il salvataggio in mare. Occhi chiusi, membra sparse e aggrovigliate alla ricerca di un contatto salvifico, che si contrappongono ai corpi anonimi delle spiagge assolate, bolle modaiole, anestetizzate contro i drammi quotidiani».


Fabrizio Villa
Fotogiornalista, da oltre trent’anni anni intreccia con il suo lavoro testimonianze di eventi legati al disagio sociale, immigrazione, guerra con storie d’attualità, fenomeni naturali, ritratti di protagonisti del nostro tempo.
Giornalista professionista dal 2002, con i suoi scatti ha documentato la morte e la distruzione della Bosnia, l’Intifada in Cisgiordania, i disastrosi terremoti della Turchia, le eruzioni dell’Etna, il lavoro degli ultimi carbonai calabresi, la dignità ferita dei nuovi poveri, la difficile condizione dei detenuti di religione islamica negli istituti di pena italiani ma anche la quotidianità di chi ha scelto di vivere nell’isolamento e nel silenzio seguendo una vocazione spirituale nei conventi di clausura.
Nel 2004 l’Unione Stampa Cattolica italiana gli assegna il primo premio per una fotografia pubblicata sul «Corriere della Sera», icona drammatica dell’immigrazione clandestina in Sicilia, fenomeno che ha documentato a lungo e da vari punti di vista raccontando gli sbarchi a Lampedusa e in altri luoghi critici della Sicilia, le condizioni di vita nei centri di accoglienza, ma anche seguendo le operazioni di soccorso sulle navi della Marina militare.
Nel 2011 vince il Premio internazionale di giornalismo Maria Grazia Cutuli.
Le sue immagini sono state pubblicate su quotidiani e periodici internazionali come «Corriere della Sera», «Repubblica», «Panorama», «Famiglia Cristiana», «Sport Week», «Sette», «il Venerdì di Repubblica», «Vanity Fair», «Der Spiegel», «The Times», «Paris Match». Ha collaborato con agenzie internazionali come l’Associated Press, la France Presse e l’agenzia Contrasto. Rappresentato da Getty Images, collabora con «La Lettura», supplemento culturale del «Corriere della Sera», dove tiene una rubrica di fotografia.
È specializzato in fotografia aerea.
Molti suoi reportage sono diventati mostre.

Marilina Giaquinta
Nasce e vive a Catania, sposata, tre figli, laureata in Giurisprudenza e in Scienze della Pubblica Amministrazione, dirigente superiore della Polizia di Stato in quiescenza. Scrive da quando suo padre le regalò la sua prima macchina da scrivere, e cioè dall’età di 16 anni, ma ha cominciato a pubblicare cinque anni fa: infatti, il 21 marzo 2014 esce il suo primo libro, una silloge di poesie, Il passo svelto dell’amore, Il Girasole edizioni. Nel giugno del 2015 esce per la Melino Nerella Edizioni una raccolta di racconti dal titolo L’amore non sta in piedi. Il 14 febbraio 2017 dà alle stampe un’altra raccolta di racconti dal titolo Malanotte per la Coazinzola Press. Il libro è stato inserito nella classifica di qualità 2017 de «La Lettura» del «Corriere della Sera». Negli ultimi tre anni, e fino alla sua ultima uscita, ha scritto sulla rivista «Sicilia in Rosa». Ha condotto programmi radiofonici quali Scusi, le piace Brahms, interviste impossibili ad artiste internazionali (poco note al grande pubblico, come Charlotte Perriand, ad esempio), sulla radio universitaria e, fino alla chiusura della radio, una trasmissione tutta dedicata alla letteratura su Radio Delfino, una storica emittente locale. Ha partecipato ad antologie sia di poesia, quale Umana Troppo Umana, Nino Aragno Editore, curata da Alessandro Fo, e sia di narrativa, Lettere a Maria Occhipinti, edizioni Arianna e Undici, undici racconti per undici opere d’arte, per la casa editrice Frame – Ars et Artes di Napoli. Nel corso di questi ultimi anni ha girato l’Italia con le sue poesie, che sono state pubblicate su «Dedalus», su «Achab» e sulla rivista «Frequenze Poetiche». Malanotte è stato tradotto e pubblicato dalla casa editrice tedesca LAUNENWEBER di Colonia ed è stato presentato alla Fiera del libro di Francoforte. Inoltre, è stato nominato Libro del giorno dalla radio tedesca Radio Brema ed è stato scelto dalla casa editrice per partecipare al concorso miglior libro pubblicato da una casa editrice indipendente. Il 4 ottobre 2018, è uscito, con la Manni Editori, una nuova raccolta di poesie dal titolo Addimora. Il 19 dicembre 2018 la raccolta Addimora è stata presentata ufficialmente presso la Biblioteca Elio Pagliarani di Roma. Nel febbraio 2019 è stato inserito al 13 esimo posto della classifica di qualità de «L’indiscreto». Dodici poesie inedite sono state pubblicate nel numero di giugno della rivista «il Verri». Una sua poesia è stata pubblicata nella rubrica La bottega della poesia del quotidiano «la Repubblica». È stata insignita del premio Donna Siciliana 2019. Fa parte del Comitato Organizzativo del Premio Nazionale Elio Pagliarani.

Aurelia Nicolosi
Specializzata in storia dell’arte, Aurelia Nicolosi, ha al suo attivo importanti collaborazioni con il Palazzo delle Esposizioni di Roma, Palazzo Strozzi a Firenze e Palazzo Blu a Pisa. Per la Casa Editrice Giunti ha coordinato i cataloghi di importanti mostre dal carattere internazionale. Ha fondato con Antonio Fallica nel 2014 KōArt: Unconventional Place, una galleria d’arte nel centro storico di Catania, e ha partecipato con i suoi artisti ad eventi prestigiosi sul territorio italiano ed estero, come IART 2015, EXPO MILANO 2015, ART MARKET BUDAPEST 2016-2017, MANIFESTA 12 Palermo 2018, l’inaugurazione del MACRO ASILO Roma 2018. Vari i curatori di fama nazionale che hanno arricchito il portfolio degli artisti presenti nel suo spazio espositivo: Philippe Daverio, Antonio D’Amico, Roberto Mutti, Ivan Quaroni, Vittorio Sgarbi. Attualmente scrive come free lance su periodici come Cultura Commestibile e collabora con l’associazione guide turistiche della Sicilia in qualità di formatore. Per l’associazione fiorentina Fund4art è referente dei progetti in Sicilia. Nella secondaria di secondo grado insegna storia dell’arte e supporta i ragazzi disabili in progetti dove l’Arte è intesa come visione totalizzante di musica, canto, danza e pittura.

KōArt: unconventional place
Non solo galleria ma spazio creativo che dialoga con il cuore pulsante di Catania e con i nuovi scenari dell’arte contemporanea. Nata nel 2014 in via San Michele per iniziativa della storica dell’arte Aurelia Nicolosi, la Galleria KōArt accoglie nuove generazioni di artisti che si muovono in prima linea sulla scena nazionale e internazionale. Grazie alla preziosa collaborazione del comitato di Centrocontemporaneo e delle Associazioni San Michele Art Power e Fund4art Firenze, sono state numerose le mostre di qualità che hanno determinato il successo di un’iniziativa forte e coraggiosa, volta al recupero di una bellezza superiore al puro piacere estetico.
Le opere proposte dalla Galleria KōArt spaziano dal figurativo al concettuale con un occhio attento alle ultime tendenze nel campo del design e della fotografia. Il curriculum dell’artista non è l’unico criterio adottato per la selezione dei lavori esposti: creatività, raffinatezza tecnica e originalità della ricerca giocano un ruolo fondamentale per costruire un buon portfolio e accedere a importanti progetti. Senza tali elementi, infatti, la galleria non sarebbe stata selezionata per mostre importanti all’interno dell’Expo Milano 2015, del circuito di I-ART, il polo diffuso per le identità e l’arte contemporanea in Sicilia, e la biennale MANIFESTA 12 PALERMO.
Un’aria internazionale si respira, quindi, all’interno della Galleria KōArt che sembra ricordare le architetture di Soho e Chelsea, quartieri cool della città di New York, aperti alle nuove tendenze creative: il candore delle pareti stempera i toni

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