Venti di guerra, giochi di potere. Un braccio di ferro tra i leader politici. Dichiarazioni su dichiarazioni. Un teatro buffo di commedianti. Ma i missili sono veri, le bombe fanno male e i morti urlano come cavalli feriti. Un aereo precipita dal cielo. Soldati dentro una tana, nascosti. Dalle poltrone del potere ancora annunci, ancora dichiarazioni. Ma la carne bruciata dei corpi straziati, tra le lamiere di latta, è vera,come la morte, come le pietre, come la storia di quella terra, trafitta da una spada appuntita, con squame di serpente.
In mezzo a tutto questo, oltre tutto questo, c’è la necessità di puntare il dito verso il patrimonio culturale, verso il patrimonio di memoria di un popolo, verso la sua storia. Uno schiaffo all’umanità. Oltre la carne, oltre la dignità, oltre la necessità; c’è l’arroganza di chi non conosce la storia, il suo valore, la necessità di preservare le tracce minime, per le future generazioni.
Ma anche nello scenario più raccapricciante – dentro una guerra o ai sui margini – c’è sempre un limite che tutti si sono impegnati a non superare. Una convenzione che protegge qualcosa, qualcuno, dalla crudeltà cieca di pochi folli che impugnano un’arma. Tra queste regole c’è quella di risparmiare la storia, le sue testimonianze irripetibili e quindi evitare di minacciare e di cancellare queste testimonianze: cosa che è un reato contro l’umanità.
La Guernica di Pablo Picasso, è l’opera che meglio di tutte, ha denunciato l’atrocità della guerra. L’opera che ha fatto tremare i potenti, imbarazzato i portatori di odio, oscurato i trafficanti di morte. L’arte è lo strumento più potente che possiede l’umanità per salvare se stessa dai truffatori d’idee, dai mistificatori, dagli opportunisti.
Questa storia di follia, non è la prima e nemmeno l’ultima. Ma serve dire basta. Non sappiamo se è nato prima l’uovo o la gallina; non sappiamo se hanno cominciato loro o gli altri; non sappiamo se certe azioni sono giuste o sbagliate; ma sappiamo che dobbiamo rispettare le convenzioni sottoscritte sulla tutela del patrimono dell’umanità: statue, templi, chiese, santuari, paesaggi. Dobbiamo pretenderlo, dobbiamo gridarlo, e dobbiamo farlo subito. Non importa se siamo quelli buoni nei film, non importa se abbiamo le prove che gli altri sono i cattivi, non importa che abbiamo una ragione.
Ma se vogliamo essere coerenti, dobbiamo essere altrettanto esigenti a casa nostra. Dobbiamo tutelare le nostre città storiche, i nostri fiumi e le coste; dobbiamo salvaguardare anche il nostro patrimonio. Invece di guardare solo nel lontano oriente, o più lontano. Serve essere coerenti. Perché in caso contrario, chi minaccia di colpire le vecchie pietre dell’Iran, avrebbe, per certi versi, il diritto di cancellare la storia quanto noi.
L’Unesco ha stilato una lista di cose e luoghi che rappresentano il nostro DNA culturale da salvaguardare e questo vale per tutti: per i potenti e anche per noi. Cittadini di questo mondo che sembra impazzito. Ma l’arte ci viene in aiuto, basta lasciarsi guidare. L’arte è portatrice di pace, di bellezza e di felicità. Coltiviamola dentro casa nostra, nelle nostre case, nelle scuole, nelle città. L’arte, la storia; la cultura dell’uomo è lo strumento del dialogo, della tolleranza, del desiderio di conoscenza. Ditelo a Trump, ditelo a Putin, ditelo a tutti. Ma ditelo anche a quei ragazzi che sporcano i muri delle chiese, a quelli che rompono i vetri delle macchine per gioco, a quelli che corrono per strada falciando vite. Ditelo a quelli che sporcano i fiumi, a quelli che distruggono i paesaggi rurali, a quelli che praticano la superficialità nell’architettura. Ditelo, anche loro sono come chi minaccia di distruggere il patrimonio dell’Unesco.
Da secoli, ormai ovunque, quando si vuole distruggere un popolo (certo non per aiutarlo) si cerca di cancellare la sua identità culturale. La sua lingua, i suoi dei, i suoi templi. Vale per l’Oriente, vale per l’Occidente. E comunque le guerre per qualunque motivo si facciano, non hanno mai determinato vincitori, solo diversamente sconfitti.