Due persone e tra queste l’ex presidente della banca, sono state arrestate e ammesse ai domiciliari, per il fallimento, in concorso con altre 18 persone , della Banca sviluppo economico di Catania (Banca Base) dichiarato dal tribunale civile di Catania nel mese di dicembre del 2018 (confermato in appello nell’aprile 2019). Si tratta dell’ex presidente del cda e del direttore generale di Banca Base, Piero Bottino, di 63 anni, e Gaetano Sannolo, di 47.
Ipotizzate dai finanzieri del comando provinciale della guardia di finanza di Catania e del nucleo speciale di polizia valutaria reati che vanno dalla bancarotta fraudolenta, al falso in prospetto, all’ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza e all’aggiotaggio. L’operazione delle Fiamme Gialle, denominata “Fake Bank”, ha consentito di documentare gli illeciti della governance della “fallita” banca etnea consistenti in operazioni finanziarie ai danni del patrimonio societario in violazione dei vincoli imposti dall’autorita’ di vigilanza. Dopo il fallimento Banca Base fu assorbita dalla Banca agricola popolare di popolare di Ragusa.
Le indagini delle Fiamme gialle – con perquisizioni presso le sedi e le abitazioni, nonche’ di intercettazioni telematiche e di analisi documentali – hanno messo in luce una serie di operazioni commerciali fasulle funzionali a truccare i bilanci e a minare l’integrita’ del patrimonio di Banca Base. Tra queste una cessione di una partita di crediti, ormai carta straccia, dal valore nominale di 5 milioni di euro, valutati al netto per 250 mila euro, per un corrispettivo di 300 mila euro a favore della societa’ modenese, con uffici operativi a Napoli, Cooperfin spa; tra le anomalie di questa vendita di crediti sofferenti, realizzata il giorno prima della chiusura del primo trimestre 2016, spiccano il passaggio totale dei rischi a carico della Cooperfin, la quale avrebbe dovuto corrispondere un importo superiore allo stesso valore netto delle attivita’ acquisite; in altre parole, nel bilancio di banca il portafoglio di 124 crediti sofferenti viene sostituito con un credito nei confronti della societa’ acquirente; alla fine del terzo trimestre 2017, si ripete lo schema operativo appena descritto: una nuova cessione (pro-soluto) di crediti deteriorati, dal valore nominale di 670 mila euro al prezzo di 450 mila euro, a favore di una societa’ sprovvista di consistenza patrimoniale, la Protebe’ spa; solo in parte, i componenti degli organi amministrativi e di controllo segnalavano l’esistenza di molteplici conflitti di interesse: amministratori e sindaci di Banca Base ricoprivano medesimi incarichi nella Protebe’; ma l’elemento piu’ inquietante era rappresentato dal fatto che il capitale sociale della Protebe’ proveniva da risorse finanziarie messe a disposizione da Pietro Bottino a favore della proprieta’ formale; tale conflitto d’interesse, mai palesato, portava Banca Base a realizzare un’ulteriore operazione opaca senza che il consiglio di amministrazione e il collegio sindacale fossero messi a conoscenza che era in corso di realizzazione un’operazione con un soggetto collegato; ancora una volta, dunque, un maquillage dei bilanci che, nei fatti, pur eliminando dalle attivita’ dei crediti sofferenti vedeva l’iscrizione di un credito nei confronti di una societa’ ‘figlia’ dell’ex presidente Bottino che non avrebbe mai onorato il debito contratto. I finanzieri del Nucleo Pef di Catania e del Nucleo di Polizia Valutaria di Roma hanno poi posto la loro attenzione alla palese inosservanza degli obblighi imposti da Bankitalia. Nello specifico, attesa la rilevata eccessiva esposizione al rischio di perdite su erogazioni gia’ concesse, l’autorita’ di vigilanza ha imposto imponeva, nel giugno 2016, il divieto a Banca Base di “erogare ulteriore finanza” e, quindi, concedere nuovi prestiti.
Rilevata la costante, ripetuta concessione di ulteriori sconfinamenti (attraverso, ad esempio, il pagamento di assegni tratti in assenza di fondi sul conto o ben oltre la capienza del fido gia’ concesso) a favore di numerosi clienti, con un picco di oltre 1 milione di euro nel maggio 2017. Nel giugno 2016, Bankitalia ha richiesto al management di Banca Base di avviare un effettivo processo di ripatrimonializzazione mediante l’integrazione con un gruppo bancario di adeguato livello o attraverso l’ingresso di un qualificato investitore professionale. In quest’ambito, i due arrestati, Bottino e Sannolo, hanno realizzato davanti al cda e agli ispettori di Bankitalia, una vera messa in scena: qualche giorno prima del commissariamento, Bottino aveva informato i consiglieri di aver acquisito un ordine di pagamento proveniente dalla societa’ britannica Ifina pari a 2,5 milioni di euro che sarebbero stati destinati alla ricapitalizzazione di Base. La lettera, priva di data e sulla cui autenticita’ si nutrono forti dubbi, vedeva un cittadino di nazionalita’ giordana, qualificato quale socio del Gruppo Ifina, disporre l’esecuzione di un bonifico a favore della banca catanese.
L’operazione di capitalizzazione che, secondo Bottino, avrebbe messo in salvo Banca Base, doveva realizzarsi attraverso l’intervento di una banca degli Emirati Arabi e una societa’ maltese. Difficile risalire ai reali possessori delle disponibilita’ vista la presenza anche di soggetti collocati in giurisdizioni non cooperative (tra le quali, Cayman). A tutto questo va aggiunto l’intermediazione di un soggetto italiano gravato da precedenti specifici per attivita’ finanziaria abusiva, truffa, appropriazione indebita, formazione fittizia del capitale e ostacolo all’esercizio delle funzioni di vigilanza, bancarotta, trasferimento fraudolento di valori nonche’ il rinvenimento da parte delle Fiamme Gialle di file, quasi identici nel contenuto alla lettera e all’ordine di bonifico esibiti da Bottino al cda in alcune e-mail inviate il giorno prima della riunione dal responsabile antiriciclaggio di Base al direttore Sannolo. Bottino ha anche presentatato alla Consob il prospetto di offerta, documento contenente dati patrimoniali di rilievo per orientare le scelte degli investitori e propedeutico all’aumento di capitale imposto dall’autorita’ di vigilanza dopo che lo stesso, per effetto di perdite su crediti, era sceso sotto la soglia dei 10 milioni di euro. In tale prospetto, Bottino, ricevuto mandato dal cda, indicava un valore sovrastimato dei fondi propri della banca cosi’ traendo in inganno gli eventuali finanziatori di capitale proprio. Non e’ tutto: la sottoscrizione di nuovi azionisti nel 2015 e’ avvenuta a Roma e non a Catania come autorizzato dalla Consob: per eludere tale vincolo i modelli di sottoscrizione riportavano falsamente quale localita’ Catania e non Roma; in altre parole, un’offerta di titoli fuori sede abusiva.
ZUCCARO: “SCELLERATA POLITICA DI EROGAZIONE DEL CREDITO”
“Banca Base ha attuato una scellerata politica di erogazione del credito in un settore nel quale in questa realta’ locale vi sono grossi problemi derivanti dalla scarsita’ di risorse che vengono destinate al credito in cui la maggior parte degli istituti che operano non sono istituti che hanno radice locale”: lo ha detto il procuratore della Republica di Catania, Carmelo Zuccaro che ha parlato di “condotte nel tempo reiteratamente rivolte a non tenere conto delle garanzie e neanche dell’effettivo pagamento dei ratei di restituzione del debito. Se tutto questo viene fatto ad onta di tutte le indicazioni della Banca d’Italia e nonostante che le imprese che hanno usufruito dei crediti non pagassero i ratei e sconfinassero ripetutamente si deve ritenere che il fine debba essere quello di favorire indebitamente determinati soggetti e tra questi anche gli stessi amministratori della banca”.