Paternò, il ricordo amaro di Valentina sul ‘Grande Imbroglio’ del call-center QE’: “Il destino era segnato”

Il disastro occupazionale del call center QE’, al centro di una indagine della Procura etnea, lo ha vissuto in prima persona come dipendente (componente del sindacato interno) e ci ha anche scritto una documentata tesi di laurea con la quale ha conseguito il dottorato in Consulenza del lavoro: Valentina Borzì, 34 anni.

Le due misure cautelari e il maxi-sequestro che riportano agli onori della cronaca la vicenda QE’ non sorprendono più di tanto l’ex dipendente in prima linea secondo la quale la fine del ‘call center’ era già nota.

“Tra assunti diretti e collaboratori a progetto – ricorda Valentina Borzì – eravamo quasi 600. Ad un certo punto, siamo nel 2016, l’azienda sparì tra settembre e novembre dopo che in Prefettura – ad un tavolo da noi voluto – l’amministratore De Angelis parlò di un buco di oltre 6 milioni di euro. Siamo arrivati alla situazione paradossale di sollecitare i licenziamenti per poter ottenere gli ammortizzatori sociali. La partita, per tanti di noi, non si è ancora conclusa. Personalmente devo ricevere ancora dei mesi arretrati e il trattamento di fine rapporto”.
Nel lavoro di studio e ricerca entrato a far parte della tesi di laurea, l’ex dipendente si sofferma sulla “crescita apparente” della QE’ che, nei piani della proprietà, ha come approdo finale la ‘bolla’ fraudolenta, la chiusura e il fallimento.

“Quando si trattò di sottoscrivere l’accordo di solidarietà per la riduzione dello stipendio, dissi all’amministratore De Angelis che mai avrei firmato alle condizioni che l’azienda ci proponeva e cioè la decurtazione del 50% dello stipendio. Mi rispose che ‘tanto se falliamo, falliamo tutti’. Voleva tirare avanti per alcuni mesi ancora e continuare a fare cassa. Quell’accordo lo firmammo alle nostre condizioni e subito dopo averlo sottoscritto non ci vennero più pagati gli stipendi. Il destino era, quindi, segnato per tutti i lavoratori”.

Per la gestione truffaldina del call center, sono cruciali gli anni del ‘Grande Imbroglio’ che vanno dal 2010 al 2016. Nelle due sedi di contrada Tre Fontane e Monafria passano le commesse di aziende come l’Inps, Sky, Enel, Wind e Ferrovie dello Stato. “In quegli anni – sottolinea Valentina Borzì – si scopre adesso dalle carte dell’inchiesta che gli interessati non pagarono nulla ma percepirono i fondi delle istituzioni”.

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