Quello che mi affascina sempre più, è la consapevolezza che le città, prendono forma dalla natura e dalla storia, ne assumono il carattere e la loro metamorfosi – nel tempo – rimodella la natura stessa, riformulando una nuova storia. Il dibattito di questi giorni, l’annuncio del presidente della Regione Musumeci sulla possibile riqualificazione dell’area delle Salinelle di Paternò – quelle adiacenti la collina di San Marco – sono il pretesto per proporre alcune riflessioni sul piano metodologico e strategico, in una più ampia visione di rigenerazione urbana.
Un approccio puntuale, sulle singole parti del sistema, ha penalizzato fino ad oggi il recupero di una parte di città che meritava un destino diverso. Alle stratificazioni storiche – santuari, monasteri, terme, ecc. – e naturalistiche – vulcanesimo secondario, emergenze morfologiche e sistemi idrici diffusi – si sono contrapposte, a partire dagli anni ’60 fino ad oggi, una serie di interventi che hanno modificato, stravolto e violentato uno dei luoghi più importanti della storia della città antica, qualunque sia stato il suo nome (Hybla Gereatis o Major, ecc.). Crocevia delle principali direttrici della mobilità storica alla scala geografica, sin dall’epoca greco-romana, confermata dai cammini medievali, questo spazio rappresenta una nuova opportunità per recuperare l’identità urbana e mettere le basi per un rilancio culturale e turistico della città di Paternò. L’acropoli e San Marco – collegati fra loro – sono lo spazio del progetto di rigenerazione urbana, su cui andrebbero concentrate le attenzioni politiche, culturali e imprenditoriali.
Le attenzioni recenti, della politica regionale e della comunità locale, incoraggia a sperare, a condizione che ci sia la consapevolezza – dei diversi attori che governano il processo – di dover agire all’interno di un piano complessivo di azioni strategiche. Se da una parte sono disponibili le risorse (dalla Regione Sicilia), per il recupero del bene naturalistico, dall’altra è necessario predisporre un piano (il Comune di Paternò), che affronti le diverse criticità, senza il quale ogni intervento sarebbe, di fatto, inefficace.
La questione prioritaria è il riconoscimento di sistema. Da questo deriva la necessità di predisporre un piano complessivo che individui – nella dimensione architettonica, alla scala urbana – la connessione tra le parti: l’acropoli, l’ex velodromo, la fonte Maimonide, le aree risorse, la stazione di San Marco, l’area archeologica, le tracce della mobilità storica (Agrigento-Messina e Catania- Palermo), il mercato e l’ex macello, l’asse dei mulini, le strutture sportive e le residenze che hanno invaso le aree di pregio (archeologiche e naturalistiche). Un palinsesto di contraddizioni che si sono sovrapposte negli anni e hanno generato un corto circuito nel governo dell’area.
Una delle possibili pre-condizioni è certamente la rinaturalizzazione dell’area delle Salinelle e della collina di San Marco, che deve essere liberata non solo dalle infrastrutture presenti ma anche dalle volumetrie residenziali che hanno compromesso -anche sul piano paesaggistico – l’intera area. Quest’ultima criticità andrebbe affrontata con una determinazione politica, normativa e urbanistica, attraverso un’azione compensativa, che dia la possibilità ai residenti di realizzare altrove (negli spazi interstiziali presenti nelle adiacenze), unità abitative più compatibili con il quadro paesaggistico naturalistico-archeologico. Pianificare e ricercare le risorse – questo è un possibile obiettivo comunale – per realizzare nuove abitazioni, da destinare – per compensazione – agli attuali abitanti che occupano le aree naturalistiche e archeologiche nell’area Salinelle – San Marco.
In questo senso sono utili gli approfondimenti progettuali – compiuti all’interno dell’attività di elaborazione di tesi di laurea delle scuole di architettura di Siracusa ed Enna – che hanno indagato sul riconoscimento di sistema e sulle possibili soluzioni di rigenerazione. Dalla cartiera-asse dei mulini, passando per le Salinelle fino all’acropoli. Un progetto di country-front che propone una metodologia innovativa mettendo insieme le risorse pubbliche e private; che punta alla rinaturalizzazione, senza rinunciare alla residenzialità; che esalta la vocazione naturalistica, archeologica, sportiva e commerciale dell’intera area; una proposta realizzabile per comparti che valorizza le risorse professionali locali. In questo senso andrebbero approfondite le proposte e discusse sul piano politico.
Serve quindi un progetto di rigenerazione urbana, che possa risolvere le criticità individuate, evitando di aspettare la manna dal cielo. Serve pianificare, programmare, progettare, proporre con rigore, con attenzione alla storia, ridisegnando quella porzione di città tra antichità e modernità, per svelare un “policentro” urbano che può diventare un’opportunità economica per questo territorio. Ma bisogna farlo con scienza, con metodo, con cinismo politico, senza improvvisare.