Paternò, l’arte di Padre Ugolino rese bella la Chiesa di S. Francesco: maestro del mosaico e amico di De Chirico

Non ha una lunga storia la nuova chiesa di San Francesco all’Annunziata di Paternò, però in questo 2019 ormai quasi al termine, anella una serie di anniversari. Sono trascorsi trent’anni dalla sua riedificazione e riapertura al culto. Una chiesa moderna, che può considerarsi uno scrigno d’arte con opere di assoluto pregio, uno “spazio sacro del dopo Concilio” realizzato su progetto del salesiano don Vincenzo Gorgone.

Cinque anni dopo la consacrazione del nuovo tempio, venticinque anni fa Padre Ugolino da Belluno tornò a Paternò per dare seguito alla sua genialità artistica. Dopo il manto musivo che riveste il presbiterio, nel 1994 dopo due mesi di lavoro, firmò il grande affresco con dedica alla “Mater Salvatoris” dando colore e armonia alla parete che già incastonava la sua impronta pittorica nel mosaico in vetrofania dietro l’altare. E ancora: se Padre Ugolino da Belluno fosse stato ancora vivo, il prossimo 15 dicembre avrebbe compiuto 100 anni.

L’attività artistica di Padre Ugolino da Belluno, cappuccino e pittore nel centenario della sua nascita, ha invaso tutta l’Italia e persino all’estero, con lavori pregevoli. A Paternò gli fu affidato il compito per la decorazione della chiesa, dove ricorre il tema francescano con quello mariano. Chi meglio di lui, un frate cappuccino, poteva ben interpretare il sentimento francescano il Cantico dei Cantici, e poi nel suo stile, con semplicità scrivere a modo suo le Litanie, l’eterna preghiera alla Madre Celeste.

La storia dei Cappuccini a Paternò è ben raccolta in due preziosi volumi; il primo scritto a più mani dal professore Andrea Pasqualetto, lo storico Pippo Virgillito e il contributo del professore Barbaro Conti, con foto stoiche di Giuseppe Barbagiovanni e Franco Uccellatore. Il secondo volume curato dal salesiano don Vicenzo Gorgone con la prefazione di don Domenico Amoroso vescovo, all’epoca Presidente della Commissione Liturgica della Conferenza Episcopale Italiana. Don Crispino Valenziano ordinario di Antropologia liturgica e spiritualità Liturgica al Pontificio Liturgico di San’Anselmo. Del Preside della Facoltà di Architettura dell’Università di Palermo Pasquale Culotta. La recensione di Antonina Greco, e le foto di Enzo Brai.

Dai documenti storici raccolti, narrano l’arrivo a Paternò dei frati cappuccini. “Il primo venerabile Convento dei Padri Cappuccini, nell’anno 1556”. Era vicino la Salinella, ma dopo alcuni anni nel 1596 a causa l’aria malsana dalla contrada e le febbri malariche che colpiscono i frati, indussero i padri superiori a fare abbandonare il luogo. La Croce dei Padri Cappuccini venne poi piantata sulla collina di Paternò ovvero, “Venne scelta la parte più alta della Collina, detta Belvedere, dove già si trovava una chiesetta della Arciconfraternita di Santa Maria delle Grazie” lì nasceva il secondo Convento dei Cappuccini nel 1610. Quando poi nel 1867 ai cappuccini fu requisito il terreno, perché dell’orto bisognava realizzarvi il cimitero, i frati privati dalla possibilità di avere un convento, nuovamente cercarono altra collocazione.

Vi era una chiesetta di scarso valore storico, come poi racconta lo storico Salvo Di Matteo, fuori del centro abitato. Il canonico Antonino Guido, proprietario del terreno a nord della città tra ficodindia e sciara, riedificò nel 1884 a proprie spese la chiesa, di Maria SS Annunziata, di cui il 4 settembre 1902 fece donazione ai padri cappuccini. E questi, negli anni successivi nel terreno adiacente di proprietà Cutore, loro donato, condussero la costruzione del loro terzo convento nel territorio di Paternò. Da ciò prese il nome di San Francesco all’Annunziata.

La città di Paternò dopo la seconda grande guerra, subì un rapido cambiamento urbano e di conseguenza un aumento della popolazione. La piccola chiesetta vicina ad un frantoio e l’annesso convento, che prima si trovava in periferia della città, fu negli anni 60 circondata da abitazioni private. Il 4 ottobre del 1966 S.E. Mons. Luigi Bentivoglio identifico nella chiesetta di Maria SS. Annunziata una nuova parrocchia affidandola proprio ai padri Cappuccini. Creata la parrocchia, i frati e specialmente padre Emilio Manitta cominciò a pensare ad un nuovo edificio sacro che meglio rispondesse alle accresciute esigenze dei fedeli.

Da periferica che era, la chiesa oggi rappresenta il baricentro della città, un ponte tra la città vecchia e quella nuova. Col piano regolatore del 1983 la città espandendosi più a nord, aveva proprio bisogno di una parrocchia capace di raccogliere le istanze dei cittadini che lì andavano ad insediarsi.

Mentre la città prendeva forma nel moderno quartiere Ardizzone, con la realizzazione della moderna via dei Cappuccini, e la strada nuova che prosegue in direzione di Ragalna, anche la nuova chiesa, nel rispetto del paesaggio tra l’antico e il nuovo tessuto urbano in pochi anni dal 1985 al 1989 veniva realizzata. Se non completata del tutto, fra Giuseppe Città Bertola trascrive con accuratezza la cronaca, nel giorno del Signore il 2 aprile del 1989, il nuovo tempio fu consacrato.

La Chiesa di San Francesco all’Annunziata di Paternò, a vanto dei frati cappuccini e dei suoi parrocchiani, oggi dopo trent’anni è lì come scrigno d’arte, con le pitture di Sebastiano Milluzzo, le sculture di Mario Pecoraino, dello scultore Ennio Tesei e le opere di padre Ugolino da Belluno, ma anche e soprattutto è la casa del Signore, e dei suoi fedeli.
Padre Ugolino, battezzato col nome di Silvio, era nato il 15 dicembre del 1919 e morto nel 2002, anche a Paternò lascia una traccia indelebile. Era un esperto di tecniche dell’affresco, dalla conoscenza personale con Giorgio De Chirico e Gino Severini apprese tecniche espressive come l’arte del mosaico.

Non conosceva la musica ma sapeva giocare con le lettere dell’alfabeto, le disponeva a colori su tela e pareti. Come nel Cantico dei Cantici o nella Litania si è costretti a leggere nelle varie direzioni, da destra o da sinistra dall’alto in basso o a forma di onda del mare o del suono.

Negli scantinati della parrocchia di San Francesco si conservano ancora i rotoli dei bozzetti. Padre Ugolino era un frate artista che prima di fare il disegno su carta con la matita o il carbone, studiava molto, leggeva e meditava moltissimo, consultava persone esperte nei soggetti che intendeva realizzare. Ascoltava e prendeva appunti di ogni genere su questi argomenti, erano appunti scritti e disegnati.

Quando dipingeva sulle ampie pareti delle chiese, non conosceva fatica. Anche negli ultimi anni, quando stanco si faceva aiutare dal nipote, lavorava in posizione scomodissima per graffiare o dipingere le pareti, senza accusare dolori o fatica.

Certo era impressionante veder nascere dalla sua mente l’opera d’arte che dalla sua mano vigorosa e sicura prendeva forma e colore. A Paternò, per mitigare la stanchezza, sapeva gustare l’amicizia, la compagnia degli amici, davanti a un buon bicchiere di vino o un cibo saporito e ristoratore. Era una gioia degli occhi e dello spirito vederlo assaporare con squisito senso del piacere le cose belle e buone della vita.

Il mancato centenario Padre Ugolino da Belluno è riassunto in una affermazione di Padre Francesco Porta, pronunciata dopo la messa vespertina con i paramenti ancora a dosso: “Lui vive beato in Paradiso”.

Riguardo l'autore Alfio Cartalemi

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