Da Giancarlo Ciatto, esponente di Liberi e Uguali di Paternò, riceviamo questo intervento dedicato alla formazione dei giovani e all’abitudine di chiudere spesso le scuole per ragioni non motivate.
Questa mia non ha le sembianze di un j’accuse, ma vuole semplicemente essere un grido d’allarme rivolto a chi – per il ruolo che ricopre – è “classe dirigente generale” e per l’interesse collettivo, dunque, dovrebbe agire. A costoro chiedo: che cosa stiamo insegnando ai nostri figli? La domanda potrebbe apparire provocatoria, o peggio, una iperbole. Proverò a spiegare in modo asciutto e sintetico perché, a parer mio, non lo è. Le scuole dei nostri ragazzi sono continuamente chiuse. Ora per l’allerta ora per disinfestazione e potrei continuare.
I nostri ragazzi – ça va sans dire – imparano che il senso del dovere è un inutile orpello estetico al quale si può derogare con estrema facilità. Non comprenderanno mai che la vita richiede sacrifici, che esistono le eccezioni e che non sempre tutto può darsi nelle migliori e più comode condizioni. Magari sdraiati su un divano con l’ultimo modello di smartphone in mano. In poche parole, stiamo creando una generazione di deboli che al minimo soffiar del vento entrerà in un vortice di ansie e paure. Rispondo preventivamente alle probabili contro deduzioni che potrebbero essermi rivolte.
Nell’ordine. Per fare la disinfestazione non c’è alcun motivo di sospendere l’attività didattica per quattro giorni. Si potrebbe benissimo fare il sabato e la domenica o quando l’attività didattica è sospesa di suo, ad esempio nel periodo estivo e natalizio. Quanto alle allerte meteo, esse sono figlie di una cultura pilatesca. Per cui nessuno vuole più assumersi alcuna responsabilità. Nel 90% dei casi non servono a nulla. Basterebbe soltanto il vecchio buon senso per capire che, se una condizione meteorologica è proibitiva, bisogna prestare attenzione e, al limite, non uscire di casa. Piuttosto bisognerebbe cercare risorse per mettere in sicurezza strade e infrastrutture. Mi si potrebbe ancora dire che le ordinanze le fa il sindaco, dunque, si osservano.
Ma se il sindaco non è nemmeno in grado di capire la differenza tra le fonti legislative o – tanto per divagare – tra una poesia e un testo narrativo, che si fa? Chi ricopre un ruolo di grande responsabilità dovrebbe prender parola ed utilizzare tutte le armi in suo possesso per esercitare una ‘moral suasion’, volta a cercare di fare cambiare idea. Comunque, dovrebbe dire la sua. Quantomeno i ragazzi capirebbero che non tutti stiamo dalla stessa parte, e che esiste ancora qualcuno che prova a formare uomini e non macchine.