Le merendine e le bibite gassate ad alto contenuto di zucchero saranno tassate. Questo è l’orientamento del governo, un provvedimento proposto dal ministro della Pubblica Istruzione, Lorenzo Fioramonti e sostenuto dallo stesso primo ministro Giuseppe Conti. Un espediente per recuperare risorse da investire nelle scuole italiane. La questione è capire se l’obiettivo è combattere l’obesità giovanile o solo reperire risorse finanziarie? Se la lotta all’obesità è il pretesto o l’obiettivo. Perché se fosse l’obiettivo, andrebbero fatte anche altre riflessioni, più articolate. L’obesità giovanile – in crescita in Italia – trova un terreno fertile in diversi ambiti della vita dei nostri ragazzi: dalla casa alla scuola, passando per gli amici, fino alla pubblicità martellante che indirizza le nostre scelte.
La questione obesità – specie nelle nuove generazioni – è particolarmente preoccupante. Sia sul piano della spesa pubblica che su quello della qualità della vita. Le cause sono tante. Ovviamente una diversa educazione alimentare – rispetto a qualche decennio fa – condizionata dalla produzione di cibi che vengono spesso definiti “spazzatura”, per l’eccessivo contenuto di zuccheri e grassi, tra l’altro confezionati in modo da pesare anche sull’ambiente. Se da una parte aumentano le calorie (quantità e qualità del prodotto) dall’altro diminuiscono le occasioni per smaltirle: troppe ore passate davanti ai videogiochi e poche ore vissute a correre per strada. Dalla divertente partitella sotto casa – magari con le mamme che guardano – alla noiosa palestra, il passo è breve. Così si smarrisce, tra l’altro, la cultura del gioco di squadra. Ci sono tante proposte sul “mercato” per attività sportive, ma spesso sono a pagamento e per un ristretto gruppo di giovani utenti. Nulla a che vedere con quella disponibilità di spazi e di opportunità che offriva “la strada”, una forma di sport più democratica e a basso costo. Nello stesso tempo, le città non si sono attrezzate di sufficienti spazi pubblici, per esercitare gratuitamente le attività sportive, determinano – in pochi anni – nuove abitudini. E per finire il cortocircuito: progetti di educazione alimentare nelle scuole e merendine spazzatura sempre disponibili.
Nelle scuole, negli uffici e nei luoghi pubblici imperversano le macchinette erogatrici di merendine e, più in generale, di cibi e bibite ad alto contenuto di zuccheri e grassi. Offerte commerciali che condizionano le nostre abitudini, rendendo più complicato l’accesso ai prodotti più salutari e di filiera corta: dolci e salati, bibite, frutta e ortaggi.
Cambiare le abitudini e le offerte commerciali potrebbe contribuire al miglioramento complessivo della filiera consumatore-produttore in chiave più salutista e ambientale, creando una nuova educazione alimentare. Non mancano le capacità, all’industria e alla pubblicità, di sostenere questo paradigma. Si tratta di riconvertire, valorizzare e promuovere un settore produttivo-commerciale che punti alla salute collettiva, più di ogni altra cosa, pur rispettando il legittimo utile d’impresa.
Tassare i cibi grassosi e zuccherosi può ridurre il loro consumo e far recuperare somme da re-investire nelle scuole, ma questo non basta. Se cosi fosse, sarebbe solo un balzello tra tanti e invece serve una strategia più articolata e sistemica, che affronti il problema con le sue implicazioni sulla salute, sull’ambiente, sulla città e sull’educazione civica.
La scuola è e rimane sempre un incubatore di bellezza e di cittadinanza. Per questo bisogna ripartire da questo presidio culturale, per sperimentare ed esplorare possibili soluzioni da esportare in tutta la comunità. Tassare il cibo spazzatura è una procedura attuata in molti paesi occidentali con buoni risultati – anche il 20% in meno di consumi. Molti produttori stanno riconvertendo le offerte, come la Coca-Cola che commercializza nelle scuole americane, al posto della più famosa bevanda zuccherosa, il latte (in America il problema dell’obesità è cronico). In molti parchi dell’Europa si vedono sempre più attrezzi da palestra all’aperto, che producono energia con il loro uso, per ricaricare le batterie degli smartphon. Nelle scuole dovrebbero essere collocate le “casa dell’acqua” per usare coerentemente le borracce di alluminio che stanno diventando, più una moda che una vera scelta green (anche più fontanelle per strada non sarebbe male). Acqua, alimentazione, sport e studio. Un nuovo paradigma – quasi “benedettino”.
Anche le industrie, che propongono le macchinette automatiche erogatrici, dovrebbero farci un pensierino, magari coinvolgendo i produttori agricoli locali, le famiglie, le scuole in un progetto più partecipato. Il ministro della Pubblica istruzione potrebbe avviare tale processo, sostenendo – sul piano normativo e finanziario – questa riconversione culturale, utile e urgente. Spesso sento dire: «ma i ragazzi vogliono solo patatine e coca-cola». E mi chiedo. Sono i ragazzi che vogliono tutto ciò o le industrie produttrici che educano i nostri giovani al consumo di zuccheri e grassi? Magari con la felicità delle industrie farmaceutiche. Serve un cambio di paradigma sull’alimentazione. Dalla Scuola può e deve partire questa rivoluzione. E se le mamme diventassero una cooperativa di produzione di merendine a basso costo per le classi? Una piccola impresa familiare – normata e regolamentata – dentro le scuole? Forse una provocazione ma bisogna partire anche dalla criticità dei territori, se si vuole essere concreti.
Tassiamo o non tassiamo, questo è il problema. Speriamo che il Ministro guardi oltre e che non perda di vista il vero obiettivo: più risorse infrastrutturali per le scuole e la salute dei ragazzi. Il resto è solo demagogia. Palestre, campi sportivi, piste di atletica, biblioteche, mense, ecc, per tutti i nostri ragazzi, fuori e dentro le scuole. La vera scommessa e fare uscire la nostra gioventù all’aria aperta per scoprire la natura, la città, il patrimonio artistico-monumentale, la vita reale.