“L’uomo di potere che contesta il potere” è l’espressione con cui il giornalista Nino Milazzo titolava l’intervista rilasciata dall’on. Nino Lombardo al momento della sua elezione a segretario della Dc, pubblicata dal quotidiano La Sicilia nella edizione del 5 novembre 1972.
Un colloquio che rispecchia pienamente il tratto distintivo dell’azione e della lunga attività parlamentare esplicata da Nino Lombardo che tramanda la figura di un soggetto politico impegnato a mutare con determinazione le logiche che in quella fase presiedevano la gestione del potere e del governo in Sicilia.
Mentre si svolge a Paternò il ricordo dell’onorevole, nel primo anniversario della sua scomparsa, ne sveliamo il titolo della conferenza grazie al lungo e dettagliato ricordo biografico e al profilo dell’uomo politico che ne fa l’ex democratico cristiano Sebastiano Garifoli, a fianco del leader scudocrociato nel lungo percorso politico.
“Lombardo, sin dall’età giovanile, si dedica agli studi scolastici con diligenza e profitto che gli permettono di conseguire la laurea in Giurisprudenza presso l’Università degli Studi di Catania.
La formazione intellettuale e quella spirituale viene coltivata frequentando l’associazione giovanile dell’Azione Cattolica della Chiesa S. Michele di Paternò, la “Contardo Ferrini”, che lo accosta ai temi sociali e a quelli di natura politica che egli, per la sua vivacità intellettiva e culturale, approfondisce ulteriormente attraverso la lettura di testi disponibili in quel tempo.
L’arrivo della sospirata liberazione apre all’intero paese una nuova prospettiva di vita, piena di speranze e di un futuro migliore, e promuove il ritorno all’attività politica ed a quella dei partiti.
Nino Lombardo partecipa attivamente alla costituzione del movimento giovanile della Dc, una adesione che gli permette di intervenire attivamente alle prime elezioni amministrative, al referendum del 1946 e alle successive elezioni regionali e nazionali.
Una scelta che lo trova coinvolto nelle attività dei “Comitati Civici”, l’aggregazione di tutte le organizzazioni dell’azione cattolica collegate alla Chiesa che costituisce il forte strumento di propaganda a favore della D.C. per difendere i valori cristiani e della libertà: per contrastare la visione degli altri schieramenti costituita dalle insidie del liberalismo, ed in particolare quella del materialismo marxista prospettata dal partito comunista, di cui si temeva una forte avanzata e ritenuto, da diverse parti, pericolo per la libertà e la democrazia appena conquistate.
L’esperienza lo tempra alla lotta politica e alla contrapposizione delle idee e dei programmi della Dc con quelli degli altri partiti che gli fa rilevare la carenza organizzativa della Dc e la struttura minimale di cui era dotato lo stesso partito al vertice ed in periferia.
Alle elezioni amministrative del 1952 assume le funzioni di consigliere comunale e subito entra in contrapposizione con l’allora sindaco avv. Gaetano Pulvirenti, galantuomo dai tratti bonari, molto benvoluto dalla cittadinanza, a cui chiede un maggiore dinamismo nell’azione dell’ amministrazione.
Tale posizione deteriora i rapporti con l’avv. Pulvirenti, già sindaco nella precedente legislatura, che segue la concezione di Don Luigi Sturzo che intendeva il partito come “libera associazione di cittadini” e non uno strumento di potere e, per questo, esprimeva contrarietà alla partitocrazia.
Lombardo, precorrendo i tempi, operava per affermare le novità che si stavano facendo strada nel paese, come il pensiero moderno elaborato e divulgato dai “Professorini” (Fanfani, La Pira, Lazzati, Dossetti), attenti ad eliminare dal tessuto sociale il malcontento e l’emarginazione delle classi più povere, prevedendo una mirata crescita economica con l’attuazione del binomio partito – istituzioni al fine di perseguire e favorire il successo elettorale della Democrazia Cristiana.
Tale visione diviene la nuova linea programmatica della D.C. approvata dal congresso nazionale, tenutosi a Napoli nel giugno del 1954, a cui Nino Lombardo partecipa come delegato.
Il proposito era quello di modificare l’impostazione ereditata dalla precedente gestione, rappresentata da un partito “all’antica” dominato da notabili di periferia, indifferente ai problemi organizzativi, a cui viene addebitata la flessione registrata dalla D.C. alle elezioni politiche del 1953, con la perdita della maggioranza conquistata alle competizioni del 1948.
L’avv. Pulvirenti probabilmente sottovaluta gli effetti prodotti dal nuovo corso nel partito della Dc, forse perchè si sente salvaguardato dalla popolarità e dal vasto consenso che continua a ricevere dalla cittadinanza, un’attestazione di stima che non ferma la procedura di sfiducia nei suoi confronti approvata dal Consiglio Comunale.
Gli sviluppi di tale vicenda conferiscono a Nino Lombardo un potere decisionale che gli permette di delineare, con lungimiranza e forte determinazione, la strategia della successiva campagna elettorale del 1956 per mantenere alla Dc la guida dell’Amministrazione Comunale e di prevalere sulla lista civica “Campanile con Stella”, che il sindaco sfiduciato avv. Gaetano Pulvirenti aveva predisposto, risultata oltremodo competitiva anche per la presenza dell’ avv. Nino La Russa, allora consigliere comunale uscente del MSI.
La campagna elettorale avrà uno svolgimento animato ed appassionato e, alla fine, vedrà prevalere la Dc per avere approntato una compagine molto concorrenziale, comprendente 5 socialdemocratici e 3 indipendenti.
Artefice dell’affermazione elettorale è Nino Lombardo, che attribuisce tale risultato all’opera collettiva “di uomini e donne insieme per mezzo secolo dal 1943 al 1993″, di cui è stato ”il portato dell’azione solidale di tanti numerosi Dc”, come riportato nel suo libro DAI NORMANNI AI DEMOCRISTIANI, scritto nel 2009, per testimoniare, non per nostalgia ma con sinceri sentimenti di speranza, fedeltà ad una storia che purtroppo è stata dimenticata, quella di un paese, come Paternò, che faceva politica per il solo piacere di esprimersi e partecipare alla vita collettiva.
Per tale funzione, il neo sindaco on.le Barbaro Lo Giudice, aveva assunto l’impegno di attribuire la carica di vice sindaco a Lombardo come riconoscimento per lo slancio con cui aveva impostato tutta la campagna elettorale: la promessa, invece, viene disattesa e tale delega viene conferita al cav. Giuseppe Fallica, che in precedenza era stato podestà di Paternò.
Lo Giudice rivestiva la carica di deputato ed assessore regionale ed era un influente esponente provinciale della Dc in quanto segretario della sezione “Centro” di Catania: in tal modo esercitava un ampio potere e, assieme all’on. prof. Domenico Magrì, era espressione della corrente “Iniziativa Democratica”, a cui apparteneva lo stesso Nino Lombardo, che al congresso provinciale del febbraio 1953 aveva estromesso dalla gestione del partito la componente dei “popolari”, autorevolmente rappresentata dal ministro Mario Scelba, organizzati nell’altra corrente democristiana “cristiano – sociale” guidata, a livello nazionale, dal duo “Gonella – Scelba”.
Lombardo assorbe la delusione con amarezza e con formale distacco, senza muovere apparenti obiezioni e mostra, in tal modo, una forte dose di equilibrio che lo indirizza a volgere lo sguardo verso un orizzonte più lontano da Paternò, nella direzione di Catania, ove trasferisce i suoi interessi politici e professionali.
Una determinazione che gli consente di preconizzare una nuova stagione, quella che gli permetterà di costruire una rete di rapporti con i quadri dirigenti della Dc e di stringere alleanza con Nino Drago, in una fase in cui quest’ultimo, sotto le ali di Magrì e Lo Giudice, si trova impegnato ad organizzare la struttura del partito nella provincia etnea e ad ampliare la sua influenza, quella che lo porterà a divenire un forte riferimento nella struttura operativa del partito e della corrente facente capo, a livello nazionale, ad Amintore Fanfani: sarà il periodo preparatorio e funzionale alla proiezione di Lombardo in ambito regionale.
La preparazione, l’intraprendenza e la capacità politica favoriranno Lombardo ad assumere incarichi a livello provinciale nella struttura del partito, come responsabile dell’ufficio problemi del lavoro, nel movimento cooperativo (di cui diverrà massimo riferimento regionale ed influente dirigente nazionale) e nelle istituzioni come componente della C.P.C. (Commissione Provinciale di Controllo) e, successivamente, nell’Ente Provincia da assessore ai Lavori pubblici.
Alle elezioni regionali del giugno 1963, Lombardo propone la sua candidatura con formidabile tempistica e altrettanta audacia, senza avere il sostegno dei massimi rappresentanti della corrente in cui militava (Magrì, Lo Giudice e Drago) e degli apparati di partito che, invece, avevano deciso di sostenere altri esponenti.
Anche in questa occasione Lombardo riesce a leggere compiutamente i contesti della provincia catanese e di valutare, con tanta perizia, la validità delle relazioni costruite nel partito e nell’espletamento degli incarichi amministrativi, che gli consentirono di intraprendere e consolidare legami con dirigenti e con amministratori locali, conoscenze che rafforzano il proposito di proporre la sua candidatura e che, alla fine della competizione, lo vedrà inaspettatamente eletto deputato all’assemblea regionale, nella lista Dc.
Un successo, quello di Lombardo, sganciato dagli apparati del consenso e, tale circostanza, lo pone nelle condizioni di intraprendere l’attività parlamentare con una autonomia di pensiero che gli permette di intraprendere un ruolo dialogante con i colleghi della Dc e con quelli degli altri gruppi parlamentari.
La vena politica di Lombardo, accompagnata da una forte componente culturale, lo portava a cogliere le evoluzioni del tempo che avevano incidenza anche sulle scelte socio economiche, influenzando costumi e pensiero collettivo che egli adattava alle idee e ai valori di cui era portatore e divulgatore.
Possedeva un equilibrio personale e politico che favoriva l’approccio alle varie problematiche con un respiro più ampio e con un atteggiamento che lo differenziava dagli altri parlamentari per il modo brillante con cui argomentava le sue tesi, i suoi programmi, le iniziative, sempre significative e di grande rilevanza politica, come quelle legati ai temi ambientali ed al mondo del lavoro, che cercava di tutelare.
La naturale propensione alla curiosità lo indirizzava sempre verso una inesauribile voglia di conoscenza, una tendenza che lo portava – in questa nuova esperienza – ad approfondire la complessa realtà politica e parlamentare siciliana in cui era già proiettato.
Con questo spirito si concentra soprattutto ai lavori d’aula ed a quelli delle varie commissioni legislative, che segue assiduamente, per accostarsi allo studio e alla preparazione delle leggi che saranno poi discusse, per provare a dare soluzioni alle varie problematiche dell’isola.
All’inizio della seconda legislatura viene eletto presidente del gruppo parlamentare Dc. Svolge tale ruolo con alta tensione ideale e con intelligenza, pervenendo ad ottimi risultati attraverso l’ applicazione metodologia della collegialità e del confronto con tutti i componenti del gruppo, per determinare una comune visione programmatica ed al tempo stesso un forte legame umano.
Lombardo assume la naturale funzione di organizzatore e promotore del gruppo parlamentare che detta la linea politica e gli indirizzi programmatici della Dc in sede legislativa, facendo acquisire centralità all’aula parlamentare che, in tal modo, ridimensiona l’influenza e l’interferenza degli organi di partito e che gli conferisce autonomia e autorevolezza nei rapporti con gli altri schieramenti.
Diviene, pertanto, protagonista della scena politica di una straordinaria pagina siciliana, che ancora oggi può essere riletta, segnata da intensi confronti e proficui rapporti con gli altri partiti (da richiamare la forte intesa con Pancrazio De Pasquale capogruppo del Pci) che consentirono, tra l’altro, l’approvazione di importanti e significativi disegni di legge, anche su sua stessa iniziativa: sull’abolizione del voto segreto in tema di bilancio, sulla costituzione dei parchi pubblici regionali, sull’ampliamento dei poteri agli Enti locali e sulla riforma della legge urbanistica siciliana, disegno di legge che, però, venne ritirato mentre era in discussione in aula a causa del forte allarmismo creato dalle posizioni avverse, anche all’interno della stessa Dc, per la presunta previsione di espropriazione generalizzata delle aree edificabili.
La carriera politica di Lombardo, ormai divenuto personaggio e soggetto politico sempre più in vista nel panorama siciliano, assume maggiore prestigio per la sua elezione, a fine 1972, a nuovo segretario regionale della Dc.
I propositi che si prefigge, come annunciati nella intervista sopra richiamata, sono ambiziosi e all’altezza della sfida di quei tempi, perché prefigurano il futuro dell’isola a cui intende imprimere un cambio di passo, in coerenza con la precedente attività svolta da presidente del gruppo parlamentare Dc.
Un intendimento significativo era quello di incidere sulla mentalità dei siciliani per farne acquisire una nuova, più progredita, per abbandonare il fatalismo presente nell’animo di tanti isolani, per sconfiggere la filosofia del “Gattopardo”, sempre incombente.
Propone un rinnovato metodo per fare recuperare credibilità e rispettabilità alla classe politica regionale, con assunzione di una visione più ampia nella risoluzione delle varie problematiche dell’isola fondata su una nuova strategia, quella della programmazione economica e del contenimento della spesa attraverso l’eliminazione degli sprechi negli enti economici regionali (quali, ad esempio, ESPI, EMS).
Prospetta un rafforzamento dei settori legati all’agricoltura, all’agroalimentare e al turismo, tralasciando quello industriale, sul quale erano state impegnate, nei decenni precedenti, consistenti risorse economiche nonostante fosse un campo in cui la Sicilia risultava ancora poco attrezzata di strumenti all’avanguardia e mostrava poca esperienza nella gestione imprenditoriale.
Pone, inoltre, la “questione meridionale” che, a suo dire, andava affrontata con una strategia di collaborazione interregionale al fine di consentire la partecipazione alle scelte da assumersi alle forze popolari, rappresentate dagli Enti locali.
“Ci vuole più coraggio a conservare che a cambiare”, era solito affermare, proprio perchè egli intendeva che il futuro fosse più importante del presente!
Affronta la nuova esperienza di segretario regionale della Dc ansioso di misurarsi fino alle estreme conseguenze con il suo spirito progressista, avendo nelle mani ormai un forte potere decisionale che, però, risulterà limitato dal gioco dei veti messo in campo dalle varie correnti dello stesso partito.
Nino Lombardo, infatti, prenderà presto atto dell’impossibilità a realizzare nel partito della Democrazia Cristiana un programma di trasparenza e di rinnovamento e ciò comporterà, di lì a qualche tempo, a presentare le sue dimissioni da segretario regionale della Dc, decisione che provocherà forti animosità con gli altri vertici dello stesso partito.
A quel punto, percepisce che la sua esperienza alla regione siciliana risulta ormai esaurita e medita, pertanto, una sua candidatura alle successive elezioni nazionali.
Successivamente verrà chiamato a presiedere la commissione legislativa Finanze e Bilancio, a cui si dedica con impegno e tanto profitto, che consente altresì, per la prima volta nella storia parlamentare dell’isola, l’approvazione del bilancio della regione, importante documento finanziario, entro i termini previsti dalla legge.
In forza di tale ruolo, Lombardo viene a conoscenza ed approfondisce la condizione degli Enti economici regionali, dei quali può verificarne i bilanci, proponendo il rilancio di quelli attivi e la chiusura di quelli deficitari.
Le elezioni nazionali del 1976 lo vedono eletto al Parlamento Nazionale, in rappresentanza della circoscrizione della Sicilia Orientale, ove, da subito, diventa animatore di un gruppo di parlamentari di diverse correnti della Dc, denominata la “corrente dei Trenta”, fautori di una intesa con il Pci.
Il ruolo di protagonista e di influenza alla regione siciliana, fin d’ora esercitato, non poteva trovare prosecuzione a livello nazionale per l’ampiezza con cui opera il sistema politico e per l’imperversare del fenomeno del terrorismo, che concentrerà le iniziative politiche dell’epoca su queste drammatiche problematiche.
Lombardo svolge il mandato parlamentare sino alla fine della prima repubblica, fino al 1994, sempre impegnato nel lavoro delle commissioni legislative, che gli conferiscono considerazione e riconoscimenti da parte degli altri colleghi, pur militanti nelle altre correnti e nelle altre posizioni politiche.
L’onorevole Lombardo non è mai stato fortemente interessato a ricoprire incarichi di governo, nemmeno durante la sua attività al parlamento regionale: per questo si mantenne imperturbabile allorchè venne disattesa la sua indicazione a sottosegretario di Stato che, secondo tradizione, andava conferita al deputato più anziano e con maggiore esperienza tra i parlamentari, qual era appunto Lombardo.
Può affermarsi che la vita di Lombardo si divide tra l’intensa passione politica e la dedizione per la città di Paternò, un legame inscindibile che non è mai venuto a mancare per tutta la sua esistenza.
E’ stato l’ispiratore capace di progettare il futuro della città, con una visione avanzata per conseguire l’obiettivo di farle assumere un assetto più moderno e più razionale, e da parlamentare ha certamente facilitato, per queste finalità, il reperimento di strumenti finanziari atti a determinarne la crescita e lo sviluppo dell’intero territorio comunale, con la realizzazione di opere strategiche per la espansione della città, per la dotazione di servizi e di strutture essenziali, per la valorizzazione del centro storico e per il recupero degli edifici monumentali, come quelli della Collina Storica.
E’ stato il patrocinatore della esaltazione dei luoghi della stessa Collina, in quanto espressione qualificante della storia e della cultura cittadina, attraverso la valorizzazione e fruizione delle risorse storiche e monumentali e con la riutilizzazione degli stessi quali contenitori culturali, al fine di diffondere il patrimonio immateriale legato alla cultura e alle tradizioni popolari: una modalità per rendere attrattiva la stessa collina, proiettarla nel comprensorio e collegarla alla vita del centro abitato.
Un impegno, quello dell’onorevole Lombardo, proseguito anche quando non ha più ricoperto ruoli decisionali e che ha svolto sino alla sua scomparsa, con lo spirito di ridare un futuro al passato della sua tanto amata città natìa, con l’intento di poterlo trasmettere alle prossime generazioni”.