La Santa Sede ha detto sì alla riapertura del processo di beatificazione del padre martire Matteo Adami, gesuita originario di Mazara del Vallo (Trapani), ucciso in odium fidei a Nagasaki il 22 ottobre 1633. La Congregazione delle cause dei Santi ha risposto al vescovo, monsignor Domenico Mogavero, che aveva presentato istanza di riapertura del processo di beatificazione per il gesuita mazarese ucciso in Giappone. Un processo ripreso, in effetti, perché già lo stesso anno in cui padre Adami venne ucciso, in Giappone era stato avviato a Macao, poi, inspiegabilmente, interrotto. A produrre tutta la documentazione è stato il Comitato creato ad hoc che in questi anni ha rispolverato la figura di Adami. Sulle sue tracce si è messo il docente universitario Giovanni Isgrò che da tempo si è appassionato al mondo dei gesuiti e alla loro presenza in Sicilia. Così Isgrò è stato a Roma presso l’Archivio gesuitico e all’Accademia di Madrid. “Ho raccolto le testimonianze di chi vide il martirio – dice il docente – queste sono trascritte in lingua portoghese. Ma nella documentazione sono contenute anche le lettere originarie che padre Adami intratteneva coi suoi superiori”.
La richiesta di riapertura del processo è successiva ai contatti avuti con l’Arcidiocesi di Nagasaki e con la Curia dei gesuiti a Roma, che hanno dato il loro assenso affinché la Diocesi di Mazara del Vallo potesse richiedere la riapertura del processo. Padre Adami svolse per anni la sua opera di evangelizzazione in Giappone, fino ai regni di Ōshū e Deqa, insieme ai Padri Girolamo De Angelis e Diego Cavalho e al fratello laico Yama Joam. Siamo agli inizi del ‘600 e sono gli anni in cui iniziano le persecuzioni dei cristiani. Per cinque anni, dal 1627, si perdono le tracce di Padre Adami. Nel 1632 si fa vivo a Osaka. L’anno successo un ordine dello Shōgun decreta che i gesuiti sparsi nei regni più lontani siano condotti a Nagasaki. Padre Adami fu tradito da chi lo ospitava e venne giustiziato il 22 ottobre 1633.