“Non abbiamo, ad oggi, studi definitivi sul rischio di tumore legato all’uso dei cellulari e alle radiofrequenze. Il Rapporto Istisan è un contributo importante, ma rappresenta comunque un tassello della nostra conoscenza in materia che deve essere ancora supportata dalla ricerca, in particolare da quella indipendente”. Lo sostiene Ferdinando Laghi, vicepresidente dei medici per l’ambiente Isde Italia e presidente eletto Isde Internazionale, commentando i risultati del Rapporto stilato da esperti di diverse agenzie italiane (Iss, Arpa Piemonte, Enea e Cnr-Irea), una metanalisi secondo la quale “l’uso del cellulare non risulta associato all’incidenza di tumori nelle aree più esposte alle radiofrequenze”, discostandosi dalle indicazioni dell’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) che ha classificato le radiofrequenze come possibili cancerogeni (2B). “Le indicazioni della Iarc – spiega Laghi – restano comunque punto di riferimento, anche se il contributo di questo Rapporto è importante. In generale, però, si è osservato che i risultati cambiano molto se le metanalisi vengono realizzate eliminando dal lavoro di valutazione gli studi in cui esiste anche un minimo conflitto d’interesse. Molte ricerche sono infatti commissionate o finanziate da portatori di interesse per cui è preferibile non includerle nelle metanalisi”.
Per Laghi, considerata la mancanza di indicazioni conclusive, “il principio di cautela resta fondamentale. Anche perché i potenziali rischi per la salute legati ai campi elettromagnetici non sono solo quelli tumorali ma riguardano anche altri elementi come ad esempio lo sviluppo neuro-cognitivo e la fertilità”. Non si tratta solo di una posizione teorica, dice l’esperto. “Il principio di precauzione – aggiunge – è un preciso elemento legislativo dell’ordinamento giuridico anche europeo. E deve avere la giusta attenzione”. E questo vale ancora di più per la tecnologia 5 G. “Non siamo solo noi dell’Isde a dirlo – conclude Laghi – ma oltre 200 scienziati invitano alla cautela. Si tratta di un’aggiunta ai campi elettromagnetici preesistenti. Una tecnologia che avrà una diffusione capillare, con oltre 2 milioni di device per km quadrato, secondo le stime. Non sappiamo niente di come tutto questo influirà sulla nostra salute. Non abbiamo dati scientifici. Per questo, come medici per l’ambiente – conclude – la scelta di un medico, un luminare di un grande ospedale romano, come testimonial del 5 G per una compagnia telefonica, in un recente spot televisivo, ci ha lasciati perplessi”.