Il “Grande Escluso”, vittima di un concorso truccato indetto dall’Università di Catania, mai reintegrato nonostante più giudici gli hanno dato ragione, non ha gioito né si è mostrato sorpreso stamani quando ha saputo dai giornali on line della tempesta giudiziaria abbattutasi sul rettore di Catania Basile e sui ‘papaveri’ dell’Ateneo catanese. Giambattista Scirè, 43 anni, ragusano di Vittoria, nel 2011 partecipò ad un concorso per ricercatore in storia contemporanea. I titoli erano tutti dalla sua parte. Ciononostante, Scirè si vide sbarrare la strada da una candidata laureata in architettura che, unica tra i 6 partecipanti, non aveva un dottorato di storia contemporanea (chiamiamola demeritocrazia). Ricorsi e denunce fatti da Scirè sono risultati vittoriosi sul piano giudiziario e hanno portato alla condanna dei componenti della commissione esaminatrice. La sua ‘sfrontatezza’ – diciamo così – gli è però costata assai cara, visto che è stato escluso dalla possibilità di poter entrare nel ‘giro’ universitario. L’aspirante ricercatore, nel frattempo, ha fondato un’associazione che è diventata una gigantesca spina al fianco dei ‘baronati’ di tutta Italia. Si chiama “Trasparenza e Merito – L’Università che vogliamo”, ha sede a Roma e vanta circa 400 iscritti tra ricercatori e docenti ‘vittime’ del sistema truccato delle università.
Scirè, cosa ha pensato stamattina quando ha sentito dell’operazione “Università bandita” sul marcio che c’è nei concorsi all’università di Catania?
Non ho avuto reazioni particolari. Avendo vissuto sulla mia pelle una clamorosa esclusione, non mi sono meravigliato. La dinamica è molto simile alla mia vicenda: c’è un concorso che è determinato in partenza e tutti i passaggi sono finalizzati a far vincere questa persona. Nella vicenda di oggi il sistema è più diffuso perché riguarda 27 concorsi. Il procuratore di Catania ha detto che se avessero monitorato 100 concorsi, tutti e 100 sarebbero risultati truccati.
Nell’inchiesta di oggi ha incrociato, per caso, personaggi legati alla sua vicenda?
Sì, il pro-rettore Magnano di San Lio, allora direttore del Disum – Dipartimento di scienze umanistiche – che tentò di addossare la colpa a Ragusa (dov’era destinato il posto in concorso ndr.) nonostante sapesse bene che era dell’Università di Catania la responsabilità
L’altro è Giuseppe Barone, direttore di Scienze politiche. Non fece parte di quella commissione, ma nel seguito è rimasto coinvolto. Ho denunciato molte cose che riguardano anche lui. Le ore che dovevano assegnare a me, per esempio, vennero ‘date’ a Barone che si prestò al gioco.
‘Grazie’ alla sua vicenda e alle denunce che arrivano alla sua associazione lei era già a conoscenza di ciò che stava succedendo nelle varie università?
Sì, noi dell’associazione da un anno abbiamo un quadro preciso di queste notizie. Sulla scorta di denunce ben precise scriviamo sul nostro sito che nell’Ateneo tal dei tali c’è il concorso truccato, in altri casi abbiamo pubblicato in anticipo il nome del vincitore del concorso, che poi si è si è rivelato esatto.
I magistrati attingono al lavoro della sua associazione?
Sicuramente. Noi abbiamo fatto tante denunce anche a Catania. Da quello che ho capito, per questa inchiesta sull’Università di Catania ci sono più livelli di denuncia. Come se si fosse svegliata la parte più buona, che ovviamente esiste.
C’è un ateneo più guasto degli altri nel sistema dei concorsi?
La mia associazione ha fatto un monitoraggio. Le università più permeabili sono in maggioranza del Centro sud, ma le proporzioni sono simili. Lo stesso meccanismo vale anche per gli atenei del nord. Non direi, quindi, che c’è un ateneo peggio di un altro: il meccanismo è uguale per tutti.
Vuol dire che se mettessimo le lancette indietro di 20/30 anni, scopriremmo che il tavolo è stato truccato per lungo tempo?
Certo. Sarebbe interessante fare proprio una analisi a ritroso nel passato per dimostrare che il meccanismo è sempre quello anche se cambiano le tipologie. Non c’è più il ‘barone’ di una volta, quello che si muove nei nostri tempi è un ‘barone’ tecnologico’. Il sistema ha retto fino a quando la spesa lo reggeva. Dopo la legge Gelmini, con la diminuzione dei fondi, è saltato tutto.
Con lei, colpevole di essersi ribellato, i vertici dell’Università applicarono un rigoroso silenzio.
Colpisci uno per educarne cento, come dicevano le Brigate rosse. Dovevo essere colpito perché ho fatto ciò che non si doveva fare.
L’hanno risarcita?
Ho avuto solo una provvisionale di 10 mila euro. Chiederò un maxi risarcimento alla Commissione esaminatrice e all’Università di Catania che ha precise responsabilità nella mia vicenda.
Ma il ristoro professionale l’ha avuto? Può ambire a ‘conquistare’ il posto dal quale era stato clamorosamente escluso?
E’ quello il punto per il raggiungimento del quale concentrerò tutte le mie forze. Devo dirle che su questo argomento il vice ministro all’Istruzione Fioramonti aveva convocato il rettore Basile per il prossimo 3 luglio. Con quello che è successo, immagino, salti tutto.
Per quanto riguarda ciò che le è accaduto, la beffa non si ferma solo alla sua esclusione. E’ successo dell’altro.
Esatto. La persona che all’epoca aveva vinto il concorso si trova nel Dipartimento del reato. E questo è grave. Lo stesso rettore aveva ammesso il grande torto che era stato fatto nei miei confronti. La parte vincitrice illegittima, invece, è stata rimessa dentro il Dipartimento con un altro concorso. Più chiaro di così: se non fai parte di quel giro non puoi entrare. Questa è associazione a delinquere.