La Polizia di Stato ha proceduto, nei giorni scorsi, all’esecuzione di quattro decreti di sequestro di beni che saranno, poi, oggetto di un procedimento finalizzato alla confisca, disposti dal Tribunale di Catania – Sezione Misure di Prevenzione – nei confronti di sei appartenenti all’associazione mafiosa Santangelo – Taccuni di Adrano, affiliata alla famiglia di Cosa Nostra catanese “Santapaola-Ercolano”.
I decreti di sequestro sono stati emessi a seguito delle dettagliate proposte, a firma congiunta del Procuratore della Repubblica e del Questore di Catania, che sono state avanzate al Tribunale – Sezione Misure di Prevenzione di Catania, per l’applicazione di una misura di prevenzione personale e patrimoniale nei confronti di tutti gli interessati.
L’attività di indagine che ha condotto alla identificazione dei beni come “investimento” degli illeciti proventi del crimine organizzato, rientra nell’ambito delle attività di contrasto della criminalità organizzata mafiosa, particolarmente curata da un apposito Ufficio della Divisione Polizia Anticrimine, in seno alla Questura di Catania, dove opera una proficua sinergia tra personale della Squadra Mobile e della Divisione Anticrimine stessa: qui vengono coniugati saperi giuridici e investigativi che conducono a quelle “buone prassi” che già, in passato sperimentate, hanno dato lusinghieri risultati.
Sotto la lente dei poliziotti sono passati i beni riconducibili a Santangelo Alfio, cl.1953, in atto detenuto, indiscusso capo dell’omonimo clan mafioso operante prevalentemente in territorio di Adrano, Paternò e Biancavilla, territorio conosciuto come triangolo della morte. Sebbene detenuto in carcere per lunghi periodi, il Santangelo ha continuato ad impartire ordini e strategie criminali agli associati, mantenendo sempre il comando dell’omonimo gruppo, al cui interno militano numerosi suoi stretti parenti.
I provvedimenti hanno, quindi, riguardato anche il genero Quaceci Antonino, cl.1970, pregiudicato detenuto e i figli di quest’ultimo, Quaceci Alfio, cl. 1994 e Quaceci Salvatore, cl. 1992, pregiudicato detenuto; interessato dal decreto di sequestro, ancora, Santangelo Gianni, cl.1983, pregiudicato, detenuto e Vinciguerra Ignazio, cl.1965, pregiudicato, in atto detenuto.
A carico dei soggetti interessati è stata anche richiesta l’applicazione della misura di prevenzione personale della Sorveglianza Speciale di P.S., per un congruo periodo di tempo, con obbligo di soggiorno nel comune di residenza, che verrà determinata con separati procedimenti ed eventualmente eseguita al termine dello stato detentivo.
Il Tribunale di Prevenzione, ha ritenuto che gli elementi investigativi raccolti dal personale del gruppo di lavoro integrato della Questura, efficacemente coordinato dalla Procura della Repubblica di Catania, fossero idonei all’emissione del provvedimento di sequestro di prevenzione, finalizzato alla confisca, di 12 beni immobili, tra cui diverse ville, 5 beni mobili registrati, dell’impresa individuale “Vinciguerra Carmelo”, operante nel settore delicato delle “slot machine”, del 100% della società “Q.F. Auto S.r.L.”, allo stato attuale inattiva, e del 100% della società “Le Delizie Trasporti Società Cooperativa Agricola”.
Insieme ai beni summenzionati, sono stati sequestrati diversi rapporti finanziari: tutto il patrimonio interessato dal provvedimento di dispossesso è riconducibile ai citati appartenenti al sodalizio criminale mafioso. Il tutto, per un valore stimato in circa 1,3 milioni di euro.
Dietro il “tesoretto” del clan Santangelo, l’attività criminale spietata e abituale che vedeva i sodali dediti, tra l’altro, a estorsioni e traffico di stupefacenti.
I numerosi elementi raccolti nei confronti dei sei appartenenti all’associazione mafiosa, e “cristallizzati” in corpose informative all’A.G., hanno utilizzato le risultanze emerse dalle attività tecnico-investigative della Squadra Mobile per l’accertamento dei “reati presupposto”, compreso il contributo fornito da numerosi collaboratori di giustizia, che hanno ampiamente delineato per tutti una gravissima e qualificata pericolosità sociale.
Per ciascuno di essi, inoltre, grazie alle indagini patrimoniali della Divisione Anticrimine, effettuate con metodologie derivate dalle più moderne tecniche di investigazione economico-finanziaria, è stata evidenziata la sproporzione tra i redditi formalmente dichiarati al fisco ed i beni acquistati e realizzati nel tempo dagli stessi, che non hanno trovato alcuna compatibile giustificazione.
Per ultimo, nel gennaio del 2018, cinque dei sei soggetti interessati sono stati arrestati, in esecuzione dell’ordinanza custodiale emessa dal G.I.P. presso il Tribunale di Catania, per associazione a delinquere di stampo mafioso, finalizzata alla commissione di delitti contro la persona, contro il patrimonio e in materia di stupefacenti, nell’ambito dell’operazione Adranos, un’indagine condotta dalla Squadra Mobile di Catania e dal Commissariato di P.S. di Adrano, avviata dopo la scarcerazione, per decorrenza dei termini di custodia cautelare, di alcuni componenti della cosca Santangelo, tra i quali l’indiscusso boss Santangelo Alfio e il genero Quaceci Antonino.
La cosca Santangelo, peraltro, era stata già duramente colpita nel 2009 con l’operazione “Terra Bruciata”, condotta dal Commissariato di Adrano, che aveva interessato i contrapposti clan Santangelo e Scalisi per l’egemonia nella gestione dei traffici illeciti nel comprensorio di Adrano e protagonisti di una sanguinosa faida.
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