“U’ zio Ciccio è un pezzo grosso… è reggente di Palermo, dei mafiosi è lui qua il reggente, lo Zio Ciccio è quello oggi che rappresenta la mafia in tutta Roma”. E’ quanto si dicono due membri del clan Fragalà in un’intercettazione del 2014 riferendosi a Francesco D’Agati, al quale, come si legge nell’ordinanza che oggi ha portato a oltre 30 arresti per mafia in provincia di Roma e Catania, era riconosciuta la “funzione di riferimento per tutte le entità riconducibili alla mafia siciliana presenti sul territorio romano”. Come emerge anche da un’intercettazione del 2014 fra Salvatore Fragalà e Santo D’Agata, gli investigatori scoprono che gli stessi Fragalà, coinvolti in una controversia “che li opponeva ad altri soggetti (…) si erano rivolti a D’Agati” che chiamavano ‘lo zio’ o ‘il vecchio’.
Sono 4 i catanesi arrestati nell’operazione del Ros. Si tratta di Massimo D’Agata, 47 anni, Daniele Sozzi, 33, Salvatore Saitta, 39, e Vanessa Ragonese, 37. Quest’ultima è stata posta ai domiciliari
IL BOSS: “SE MI SENTO TRADITO, UCCIDO MIO PADRE E MIO FIGLIO”
“Io quando mi sento tradito da qualcuno, che potrebbe anche essere mio padre o mio figlio, io gli sparo’. Dice ‘che ammazzeresti tuo figlio?’ Sì sì, perché no, Se mio figlio cammina con me, facciamo il reato insieme e mi tradisce, io lo ammazzo”. Così parlava in una conversazione captata dagli investigatori nel 2015 il boss Alessandro Fragalà, finito in manette oggi nell’ambito dell’operazione dei Carabinieri, coordinata dalla Direzione distrettuale antimafia di Roma, che ha portato a una trentina di arresti e perquisizioni in provincia di Roma e Catania. Il clan operava in particolare sul litorale romano, tra Ardea, Pomezia e Torvajanica, e oltre a gestire il traffico di droga, era diventato l’incubo di commercianti e imprenditori, costretti a subire estorsioni, minacce e attentati dinamitardi. Tutte azioni condotte con metodo mafioso, secondo l’accusa. “Da un lato infatti – si legge nell’ordinanza di custodia cautelare – le singole estorsioni e l’intestazione fittizia di beni sono state consumate attraverso le modalità tipiche delle associazioni mafiose; dall’altro, i reati in tema di armi e di traffico di sostanze stupefacenti sono stati posti in essere per agevolare il clan mafioso dei Fragalà nella consapevolezza, in virtù dei rapporti pregressi, della sua esistenza anche da parte dei non appartenenti al sodalizio”.