Questo è l’articolo N. 100 del nostro prezioso collaboratore Francesco Finocchiaro. Con il Corriere Etneo sin dalla nascita, un anno e mezzo fa, Finocchiaro offre puntualmente ogni settimana uno spunto per un vivace dibattito intellettuale. Desidero qui ringraziarlo per la dedizione e l’intelligenza che infonde in ogni suo scritto. Per un piccolo giornale come il nostro, avvalersi della sua preziosa collaborazione è un grande privilegio. Altri 100, e poi mille ancora, di questi articoli, caro Francesco. (N.S.)
La chiamano generazione Erasmus. Un fiume di acqua dolce che scorre in mezzo al mare. Un popolo di giovani, di tutte le nazioni, che imparano ad essere europei. Una rete di scuole che condividono metodi, esperienze, pratiche, per diventare cittadini di questo continente antico. Linda Cotugno – una docente siciliana – ci racconta della sua ultima esperienza con Erasmus plus “Migration in Europe: Let’s share out differences and move on”, che si è svolto presso la scuola superiore Thor Heyerdahl Videregående Skole di Larvik in Norvegia. Gli studenti di Riposto hanno partecipato con i docenti alla “lecture Communication and migration” di Kjell Østby and Abdul- Ilha – una lezione contro gli stereotipi ed i pregiudizi sulle culture diverse dalle nostre ed il racconto personale di Abdul-llha, un iracheno immigrato con la famiglia in Norvegia. “Il progetto Erasmus – dichiara la professoressa – lascia sicuramente una traccia indelebile nella memoria della comunità scolastica dell’Istituto Superiore di Riposto e apre la mente dei nostri studenti a nuovi orizzonti e nuove consapevolezze nell’ottica della cittadinanza europea”.
Europa, per la mitologia greca, è una bellissima ninfa di cui si innamora Zeus. La giovane donna, per sfuggire al corteggiamento del dio greco, deve “emigrare” verso Creta, verso occidente, verso quel continente che si chiamerà come lei. Il suo nome sarà legato a quello di Minosse, del Minotauro e quindi a Teseo e Arianna, a Dedalo e Icaro. E da Creta, ancora verso la Sicilia. La mitologia greca ha sempre una spiegazione per tutto. Una giovane donna che scappa dalla Siria e si rifugia nel vecchio continente a cui regala il suo nome.
L’idea di Europa è un’idea antica, che ha radici sin dall’impero romano e si consolida grazie al monachesimo – anch’esso di origini orientali. Prima i Romani e poi i monaci Benedettini costruiscono le radici di questo continente e la sua armatura culturale. Una terra vasta e diversa che da secoli accoglie tanti popoli e tante culture. Una terra che si è cristianizzata e nello stesso tempo non ha negato le sue possibili declinazioni ebraiche e islamiche. Attraversata, conquistata, difesa. E’ stata un porto da cui partire verso l’Oriente e verso le Americhe. E’ stata un’enorme biblioteca dentro la quale conservare la memoria del mondo. E’ stata incubatrice di democrazia e di follia. Culla di grandi personaggi della storia, delle arti e delle scienze.
Sentirsi europei significa riconoscere le tracce della storia. Percepire la profondità culturale di questo continente e la bellezza del suo paesaggio. In ogni paese, in ogni nazione, in ogni luogo, di questa Europa – pervade il profumo della storia, la sua stratificazione originale e l’infinita rete di connessioni tra le sue parti. Dalle verdi colline della Galizia, fino alle pianure della Sicilia. Dai boschi della Selva nera, alle isole Cicladi della Grecia. Dal mare del nord al mediterraneo. Un palinsesto infinito di paesaggi e colori, di lingue e culture, di tradizioni e miti.
Non esiste un altro continente simile, infinitamente vario, dentro il quale – dopo aver sperimentato l’orrore dell’ultima guerra – si vive una forma di democrazia accettabile. Forse dovrebbe essere meno burocratizzata e più umanizzata. Forse più attenta alla sua storia, che ci ricorda parole come: inclusione, innesto, diversità.
E’ affascinante vedere come l’Europa si stia strutturando per esaltare le diversità, anche se molto c’è ancora da fare. Perché la diversità di pensiero è una ricchezza, non un limite. L’omologazione atrofizza l’uomo e anestetizza la società. Abbiamo bisogno di ascoltare e non di gridare. Un filo infinito, tra le parti, tra gli uomini, tra le terre, è stato teso dal monachesimo Benedettino e questo filo parlava di spiritualità, di democrazia, di lavoro, di cultura, di Rinascimento. “Cosa hanno fatto i monaci di Benedetto se non piantare presidi di preghiera e lavoro negli spazi più incolti d’Europa per poi tessere tra loro una salda rete di fili?” così ci racconta Paolo Rumiz – scrittore e viaggiatore – nel suo saggio “Il filo infinito”, edito dalla Feltrinelli.
Oggi più che mai dobbiamo essere Europa. Compiere e concludere un processo antico che una giovane fanciulla, fuggita dalla Siria, ci ha regalato. Maturare la consapevolezza che il sud del continente – la Sicilia – ha il compito di diventare un ‘hub’ per tutto il Mediterraneo, diventando il più grande interporto del continente Europa. Questa è la sfida del XXI secolo. Inclusione, innovazione e integrazione. Il monachesimo Benedettino ci ha insegnato tanto e da quella cultura dobbiamo ripartire. Ogni abbazia era un microcosmo originale e indipendente ma che condivideva con le altre abbazie regole, principi e obiettivi, attraverso una rete di fili sottili. L’Europa è un modello, perfettibile ma pur sempre un modello. L’Europa non deve omologare ma diversificare. Non deve appiattire ma esaltare le differenze. Non deve imporre ma discutere. L’Europa è portatrice di pace e umanità, di competitività e di innovazione, di democrazia e conflitti dialettici. Erasmus – per i giovani e per tutti noi – sta costruendo gli Europei del domani.