Nell’ultimo film di Marco Bellocchio “Il Traditore”, dedicato al pentito Tommaso Buscetta, il boss Tano Badalamenti, mafioso di Cinisi morto negli Stati Uniti, ha un volto familiare per i paternesi. Il ruolo del potente boss ‘Tano seduto’ – come lo soprannominò Peppino Impastato – è recitato da Giovanni Calcagno, attore e regista paternese di 47 anni. Calcagno è al suo terzo lavoro con Bellocchio.
Il film – l’unico italiano che partecipa al Festival di Cannes – uscirà nelle sale il prossimo 23 maggio, il giorno della strage di Capaci.
Badalamenti – Calcagno non sarà, però, sul ‘red carpet’ della 72^ edizione del popolare festival cinematografico. E’ in partenza per la Corea dove è impegnato, assieme alla compagna, nella produzione di un cortometraggio.
Il Corriere Etneo lo ha intervistato.
Tommaso Buscetta era un personaggio meravigliosamente complesso. Si è fatto “traditore” – per usare il titolo del film di Bellocchio – perché in realtà si sentiva tradito da Cosa nostra che aveva fatto saltare le regole interne all’organizzazione.
Bellocchio è affascinato dalla complessità dell’animo e della mente siciliana. In questo senso la vicenda del tradimento, che risuona in tanti altri episodi importanti della nostra cultura occidentale, vale ancora di più come fatto umano da poter leggere ed esaminare.
Nel film di Bellocchio lei interpreta il boss Tano Badalamenti. Come ha lavorato sul personaggio, considerando che si tratta di un mafioso realmente esistito?
Innanzitutto è un personaggio che mi ha sempre incuriosito. Ci sono delle interviste molto belle da vedere. Poi, devo dire che i personaggi di Cosa nostra sono sempre molto affascinanti. E’ interessante per un attore vederli perché hanno delle modalità di espressione e una misura del linguaggio particolari. Penso all’intervista di Biagi a Luciano Liggio oppure a un’intervista rilasciata proprio da Badalamenti, già detenuto negli Stati Uniti. Ho visto un uomo molto pacato, vicino ad una figura di siciliano vecchio stampo che lui, in fondo, interpretava. Nel film si parla dell’ascesa dei Corleonesi contro Cosa nostra gestita da Badalamenti, Inzerillo e Bontade.
Prima di interpretare Badalamenti cosa sapeva del vero Badalamenti?
Devo dire che mi sono sempre occupato di mafia. Quando ero studente di Giurisprudenza, e non mi passava nemmeno per la testa di fare l’attore, sono stato molto colpito dagli anni caldi seguiti alla morte di Falcone e Borsellino. In particolare c’è un libro di Pino Arlacchi che si intitola “Gli uomini del disonore” che ho letto non so quante volte. Il libro, come sapete, parla delle confessioni di Antonino Calderone che apparteneva alla ‘famiglia’ catanese.
Negli anni della collaborazione di Buscetta, Badalamenti – detenuto in America – era atteso in Italia per un confronto con “il boss dei due mondi” Buscetta. Il tanto atteso faccia-a-faccia, però, non si tenne mai. Parla anche di questo il film di Bellocchio?
No, però c’è un faccia a faccia tra di loro, molto intimo. Non dico altro per non ‘spoilerare’ e togliere il piacere a chi andrà a vedere il film. Ma si tratta di un confronto molto interessante che svela la reale vicinanza di questi personaggi.
Con Bellocchio aveva già lavorato nel 2003 in “Buongiorno, notte” su Aldo Moro e “Il regista di matrimoni”. Ne “Il Traditore” ritrova anche Luigi Lo Cascio con il quale ha spesso lavorato.
Il primo lungometraggio l’ho fatto con Bellocchio e poi, sempre con lui, ho fatto una tournée teatrale di uno spettacolo tratto dal suo primo film “I pugni in tasca”. E’ stato bellissimo ritrovarmi con Luigi Lo Cascio, lo scorso anno avevamo lavorato insieme nel Tamerlano di Marlowe da lui diretto. Nei primi trailer del film di Bellocchio ci vediamo insieme con lui nella scena epica della festa, dove si celebra l’apparente pacificazione delle ‘famiglie’. Lui fa un personaggio davvero ‘scoppiettante’ che è Totuccio Contorno, un vero castigamatti per le famiglie mafiose.
Ho visto il trailer e sentito parlare Favino-Buscetta. Sembra di sentire il vero don Masino.
Sono rimasto molto impressionato dalla performance di Favino. Da siciliano ero scettico rispetto alla possibilità di un non siciliano di avvicinarsi a questa possibilità espressiva. Quando, invece, in scena ci siamo parlati – lui da Buscetta, io da Badalamenti – sono rimasto molto sorpreso e anche molto contento per il film.
Con la sua città natale, Paternò, ha mantenuto i contatti?
Sì, certo. Sono molto legato a Paternò. Continuo a fare tanto per la mia città. Ho avuto collaborazioni di ogni tipo, con le istituzioni e le associazioni. Di recente sono stato a recitare in alcune scuole. E’ un legame che non si esaurisce perché voglio molto bene alla mia città, nonostante il lavoro – in questi anni – mi abbia portato a essere un po’ più lontano. Tornerò molto presto a collaborare con la mia città.
Vivendo e lavorando, ormai fuori dalla Sicilia, quale immagine le arriva della sua terra?
Vivo a Milano ma ho anche una casetta a Piedimonte Etneo. Mi piace moltissimo quella zona che grazie al vino e alle coltivazioni di eccellenza impiantate nel territorio ha avuto la possibilità di risorgere e di elevare il livello di qualità della vita. Mi auguro che questa ‘miscela’ possa essere applicabile anche in altre realtà – Paternò, per esempio – che rimangono sempre un po’ più in ombra rispetto alle possibilità reali che hanno.
La Sicilia, l’Italia in generale, quando si libererà della mafia?
In Sicilia la mafia è una degenerazione di un modo di pensare che già appartiene a noi siciliani. Nidifica soprattutto dove c’è l’assenza dello Stato e della legalità. Noi siciliani abbiamo sofferto spesso le angherie dello Stato e la fiducia c’è sempre mancata. Per questo, come dice Buscetta, sono fioriti dei fenomeni che all’inizio avevano un funzione suppletiva e poi sono diventati dei mostri che hanno impedito sviluppo sociale ed economico. Quando finirà in Italia non so dirlo perché non sappiamo con certezza fin dove si siano spinti i rapporti tra mafia e Stato.