Federico III, storia del Re di Sicilia che governò 41 anni: il Castello di Paternò dimora della moglie

di Francesco Giordano

Nato nel 1272 da Costanza di Hohenstaufen e da Pietro III di Aragona, Federico giunse in Sicilia all’età di soli nove anni. Divenne re dopo la cacciata degli Angioini dall’Isola, prima con il nome di secondo poi di terzo, come segno di continuazione della dinastia sveva. Regnò durante la Guerra del Vespro, in un periodo politicamente complesso e travagliato.
L’11 dicembre del 1295 il Parlamento siciliano, riunito nel Castello Ursino di Catania, lo proclamò re di Sicilia, contrapponendolo a Giacomo III d’Aragona, suo fratello maggiore. Fu incoronato nella Cattedrale di Palermo il 25 marzo del 1296 con la contrapposizione di potenti famiglie quali i Chiaramonte, i Peralta, i Moncada, i Ventimiglia e i Palizzi, le quali non volevano lesi i loro poteri feudali. Questi, contro il volere del re, continuarono ad esercitare il potere del mero e misto imperio, ovvero la giustizia civile e penale, opponendosi al potere centrale della Gran Corte criminale.
Federico III fu un uomo intelligente e politicamente abile, amò la Sicilia profondamente, considerandola sua patria, ma nei suoi 41 anni di regno le avverse congiunture politiche e le guerre non gli consentirono di garantire alla Sicilia benessere e prosperità.

Dopo la Pace di Caltabellotta del 1302, la Guerra del Vespro (detta Guerra dei novant’anni) ebbe un lungo armistizio. Si stabiliva che re Federico sposasse Eleonora, sorella di Carlo D’Angiò, mantenendo la Sicilia col titolo di re di Trinacria (quello di Sicilia spettava solo al re di Napoli) fino alla sua morte, dopo l’isola sarebbe dovuta tornare agli Angioini. Ma nel 1313 Federico rivendicò il trono della Sicilia per il figlio Pietro, azione che ebbe come conseguenza la ripresa delle Guerre del Vespro che cesseranno definitivamente nel 1372 con il Trattato di Avignone. Federico III regnò quindi tra aspre lotte politiche e battaglie contro una schiera di baroni siciliani, la Casa d’Angiò e la stessa Chiesa che era a favore della dominazione francese.
Nel 1337, quando aveva 65 anni, si trovava a Enna dove si ammalò ammalò di podagra, intanto chiese di essere trasportato a Catania per mettersi sotto la protezione di Sant’Agata. Durante il tragitto le sue condizioni si aggravarono e venne ricoverato nell’ospedale annesso alla chiesa di San Giovanni di Paternò, dove avevano sede i Cavalieri dell’Ordine Gerosolimitano. Qui il re morì il 25 giugno. Il suo corpo venne eviscerato e imbalsamato, dopodiché fu trasportato a Catania nel Castello Ursino. Re Federico III, per volontà testamentaria, decise di essere sepolto nella Cattedrale di Palermo, ma per il perdurare della guerra, la sepoltura provvisoria nella Cattedrale di Catania divenne definitiva.

Con la sua morte divenne reggente di Sicilia la moglie Eleonora d’Angiò, che ebbe per Paternò e per il suo territorio una particolare predilezione. Dimorò nel Castello e in alcune “case” (forse un palazzo) attigue alla Cappella Regia di San Giorgio, e nei periodi estivi amava soggiornare presso il Casale della Guardia per la vicinanza del monastero di San Nicolò l’Arena. Eleonora, Signora della Camera Reginale, vantava grosse rendite grazie alle quali poté dedicarsi a opere pie come l’edificazione del convento e della chiesa dell’immacolata dei Francescani Conventuali a Catania. In questa chiesa fu sepolta nel 1343. Nel 1342, poco prima di morire, lasciò la sua “casa” paternese e la chiesa di San Giorgio allo stesso Ordine francescano il quale ristrutturò gli edifici avuti in donazione per farne un Convento dedicato a San Francesco. Sarà la nuora Elisabetta, vedova del figlio Pietro, a rendere esecutorio il testamento.

IBLAMAJOR RICORDA FEDERICO III

La sezione Iblamajor di Paternò, dell’Archeoclub d’Italia, in riferimento alla figura di Federico III, Re di Sicilia, desidera ricordare – attraverso la collocazione di una lapide commemorativa, nei pressi di vicolo San Giovanni a Paternò – la morte del sovrano, avvenuta il 25 giugno del 1337. Il vice presidente della sezione Iblamajor – avv. Paolo Di Caro – dichiara che è necessario ricostruire il rapporto tra la storia della città e i luoghi; evidenziando le stratificazioni fisiche e simboliche, rendendo attuale e fruibile il patrimonio culturale. La proposta di questa lapide commemorativa si inquadra in un progetto più ampio di valorizzazione del territorio. Il nostro compito – afferma Paolo Di Caro – è svelare la nostra storia per consolidare l’identità di una comunità. Desideriamo implementare con altri pannelli esplicativi – questo è solo il primo – altri luoghi storicamente importanti della città e del suo territorio. Solo conoscendo possiamo sperare di salvaguardare e valorizzare.

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