Bruno Contrada, l’ex numero tre del Sisde, nonostante i suoi 88 anni e le sue condizioni di salute, si è presentato al Tribunale di Caltanissetta “per dare un contributo alla giustizia”. Contrada è stato citato dalla procura nissena per deporre nell’ambito del processo sul depistaggio delle indagini sulla strage di via d’Amelio, che vede imputati, con l’accusa di calunnia aggravata in concorso, tre poliziotti: Mario Bo, Fabrizio Mattei e Michele Ribaudo. Contrada ha detto, che poco prima di essere condannato e di entrare nel carcere di Santa Maria Capua Vetere, nel marzo del 2007, si recò alla procura di Caltanissetta, per presentare un esposto-querela, accusando criminali, mafiosi pentiti, ufficiali, dei carabinieri, funzionari di polizia, facendo nomi e cognomi. “Tutto documentato – ha affermato rispondendo alle domande del pm Stefano Luciani – dove si provava in maniera inconfutabile che c’era stato un tentativo di depistaggio nelle indagini sulla strage di via D’Amelio utilizzando la mia persona per invischiarla in questa atroce storia e colpire il servizio di sicurezza interna cioè il Sisde. Tutto è stato archiviato”. Contrada ha portato con se’ anche un’agenda con la quale ha consultato date e fatto cenno a incontri. Ha poi parlato di un incontro con Arnaldo La Barbera finalizzato a effettuare un monitoraggio sulle famiglie mafiose presenti sul territorio e costituire un gruppo di lavoro. Fra queste famiglie, c’era quella dei Madonia. Ha altresì ribadito che il suo compito era quello di fare un gruppo di lavoro.
Giovanni Tinebra, all’epoca delle stragi capo della procura di Caltanissetta, chiese a Bruno Contrada, all’indomani dell’attentato di via D’Amelio un contributo. E’ stato Bruno Contrada ad affermarlo oggi in aula nel corso del processo. L’incontro fu qualche giorno dopo, ma l’ex numero tre del Sisde fece presente a Tinebra che non faceva più parte della polizia giudiziaria. L’avvocato Giuseppe Dacquì, difensore di Natale Gambino, costituitosi parte civile, ha chiesto “se il Sisde prima delle stragi fosse in possesso di elementi relativi ad eventuali progetti di attentato ai giudici Falcone e Borsellino o comunque che si stava avviando una stagione stragista”. Contrada ha detto di no” Al termine dell’udienza, Contrada, parlando poi con i cronisti, a proposito del falso pentito Vincenzo Scarantino, ha detto che sin da subito dubitò dell’ex picciotto della Guadagna: “Dopo mezz’ora di conversazione – ha sottolineato – mi sarei convinto che Scarantino non era un esponente di mafia tale da avere una parte in una strage come quella di Borsellino. Ma non perché io sia più bravo degli altri poliziotti, ma avevo più esperienza e conoscenza sui fatti di mafia. Puntai subito sui Madonia perché Francesco Madonia aveva un covo in via D’Amelio, scoperto dalla polizia. Potevano semplicemente affacciarsi e controllare Borsellino mentre andava dalla madre, gli orari quando entrava e quando usciva”.
“Nei dieci anni che ho trascorso al Sisde a Roma – ha aggiunto Contrada – non ho mai saputo, nessuno mi ha mai detto né ho mai intuito che Arnaldo La Barbera fosse un agente dei Servizi segreti”.
Contrada ha spiegato, nel corso del controesame, che “La Barbera aveva uno ‘sponsor’ ai Servizi segreti ed era il Prefetto Luigi De Sena – dice – Era stato De Sena, che era suo amico, che lo fece trasferire da Venezia a Palermo. Era il suo sponsor”. Il Prefetto De Sena, deceduto, tra il 1985 al 1992 è stato assegnato, fuori ruolo, al Sisde, in qualità di Direttore dell’Unità Centrale Informativa (Uci).