Francesco Giordano (storico) e Laura Maniscalco (archeologa), sono stati i relatori della conferenza – organizzata dall’Archeoclub d’Italia (sezione Iblamajor di Paternò) svoltasi ieri sera, nei locali della biblioteca comunale cittadina.
Il tema dell’incontro era il Qanãt (condotto sotterraneo ad uso idrico di origine araba) che attraversa la collina storica da nord-ovest a sud-est, raccordando una condotta idrica proveniente da Adrano che procede verso Motta Sant’Anastasia.
Forse la prova di un’antica leggenda che descrive un condotto segreto che collegava i tre castelli normanni di Adrano, Paternò e Motta.
Già in passato, il cunicolo sotterraneo era stato esplorato, sia dallo stesso Francesco Giordano che da Giuseppe Mirenda (architetto e cartografo) e Salvo Spampinato (giornalista, che ha curato anche uno speciale). Affascinanti le implicazioni sul piano della ricerca storica e delle possibili declinazioni in chiave archeologica. Si arricchisce in questo modo il patrimonio di saperi da condividere tra gli studiosi e le istituzioni ed è questo l’obiettivo che vuole perseguire la sezione Iblamajor dell’Archeoclub d’Italia di Paternò.
A portare i saluti, la Soprintendente ai beni culturali di Catania, Rosalba Panvini e il deputato regionale paternese, on. Gaetano Galvagno. A moderare i lavori il presidente della sezione locale dell’Archeoclub Iblamajor, l’arch. Francesco Finocchiaro.
Studiosi, studenti e appassionati di storia patria hanno partecipato con grande attenzione alla presentazione del prof. Francesco Giordano, che presentava uno studio comparato tra le esperienze palermitane e quelle locali. Tra questi, diversi funzionari della Soprintendenza di Catania.
I lavori si sono conclusi con un tributo video a Sebastiano Tusa (archeologo, docente e assessore regionale ai bb.cc) – presentato dal vice presidente dell’Archeoclub, Paolo Di Caro – che ha ricordato la figura dell’archeologo scomparso e riconosciuto il merito a Michela Bottino di averlo portato a Paternò nel maggio del 2018, per avviare un percorso di valorizzazione dell’acropoli. Sebastiano Tusa, ci lascia un testamento culturale che dobbiamo perseguire: divulgare la storia e i suoi gioielli, affrontare lo studio in forma multidisciplinare e puntare sull’identità locale tutta da scoprire.