Duro colpo della Polizia alla mafia di Catania. Quattordici misure cautelari sono state emesse dalla Procura Distrettuale Antimafia etnea, nei confronti di persone ritenute responsabili, a vario titolo, di associazione mafiosa, estorsione, intestazione fittizia di beni, usura, detenzione e porto illegale di armi e reati in materia di stupefacenti, con l’aggravante di aver agevolato il clan Santapaola-Ercolano. La indagini condotte dalla Squadra Mobile di Catania hanno consentito di delineare l’organigramma, decapitandone i vertici, del clan Santapaola-Ercolano – gruppo di “San Cocimo”. Sono stati scoperti diverse estorisioni, l’imposizione del sevizio di security in locali notturni di Catania e intestazione fittizia di beni. Le indagini hanno riguardato un arco temporale che va da giugno del 2016 al maggio 2017 e hanno consentito di ricostruire le attività illecite del gruppo radicato nella zona della città compresa tra piazza Machiavelli ed il “Castello Ursino”, storicamente capeggiata da Maurizio Zuccaro, elemento di spicco del clan Santapaola-Ercolano.
“Operazione Z” – questo il nome del blitz – ha portato in carcere i figli del boss ergastolano Maurizio Zuccaro: Rosario e Filippo rispettivamente di 35 e 37 anni, oltre a Luigi Gambino di 50 anni, ritenuto uno dei capi del gruppo di San Placido. Arresti domiciliari pure per la moglie del boss Graziella Acciarito di 55 anni. Le indagini sono state avviate dopo la denuncia, presentata nel mese di giugno 2016 da uno dei titolari della società con oggetto la gestione di un parcheggio nei pressi dell’aeroporto Fontanarossa di Catania, il quale ha dichiarato di avere ricevuto una telefonata estorsiva nel corso della quale una voce anonima, in dialetto catanese, gli intimava: “abbessa – prepara, n.d.r. – 100.000 euro, se no facciamo saltare tutto in aria, oppure cercati l’amico”. Gli sviluppi dell’indagine hanno permesso di individuare in Giuseppe Verderame e Simone Giuseppe Piazza gli autori della tentata estorsione. Dal proseguo emergeva che tra le fila del gruppo mafioso figuravano la moglie ed i figli di Zuccaro e Gambino, ai quali è contestato il ruolo di promotori, capi e comunque organizzatori del gruppo di San Cocimo, nonche’ Angelo Testa – cugino di Zuccaro – Carmelo Giuffrida, Francesco Ragusa, Michele Colajanni, Giuseppe Verderame, Simone Giuseppe Piazza e Giovanni Fabio La Spina, quali componenti della squadra.
Gli investigatori della Mobile hanno accertato che il boss Zuccaro nonostante fosse detenuto continuava ad impartire ordini ai propri familiari, acquisendo anche quote di partecipazione in attività economiche che venivano intestate a prestanome allo scopo di eludere le disposizioni in materia di misure di prevenzione patrimoniale. In particolare, hanno costretto il gestore e l’amministratore della “Vecchia Dogana”, nota discoteca catanese, ad affidare loro il servizio di sicurezza, assumendo quali addetti loro familiari ed altri appartenenti al gruppo, e a versare la somma di 3 mila euro. Le attività tecniche hanno fatto emergere i preliminari accordi per la spartizione del servizio di security con esponenti del clan mafioso Cappello-Bonaccorsi, rappresentati da Salvatore Massimiliano, e i successivi contrasti per la gestione di quel servizio. Dal monitoraggio degli ingenti investimenti di somme di denaro è emerso un episodio di intestazione fittizia di beni effettuata, col benestare del padre di Maurizio, Rosario Zuccaro: per eludere le misure di prevenzione, ha acquistato fittiziamente la titolarita’ delle quote rappresentative del 50% del capitale sociale di una societa’ per azioni, in vista della gestione di un ristorante lungo il litorale Ognina, impartendo al prestanome, moglie del gestore della discoteca Vecchia Dogana, formalmente intestataria delle quote societarie, direttive in merito alla stipula del contratto di acquisto delle quote della societa’, alla ristrutturazione dei locali di esercizio di attivita’ di ristorazione.