Mafia, 25 arresti nell’operazione “Scrigno” a Trapani: in manette ex on. Ruggirello, al servizio del clan

 

Duro colpo alla riorganizzazione della mafia di Trapani. Sono 25 gli arresti eseguiti nell’intera provincia dai carabinieri su richiesta dei pm della Dda di Palermo. Tra i destinatari della misura restrittiva anche un ex deputato regionale del Pd, Paolo Ruggirello, accusato di associazione mafiosa e considerato a disposizione del clan nel regno di Matteo Messina Denaro. L’indagine e’ coordinata dal procuratore capo Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Gianluca De Leo e Claudio Camilleri. Contestati i reati di associazione mafiosa, scambio elettorale politico mafioso, estorsione, danneggiamento e altro. Duecento i carabinieri in azione nell’operazione denominata “Scrigno” che smantella il mandamento mafioso di Trapani e permette, per la prima volta, di individuare l’articolazione di Cosa nostra di Favignana. La famiglia trapanese aveva creato una nuova cellula sull’isola di Favignana e tre sono finiti in carcere. Arrestati i fratelli capimafia Francesco e Pietro Virga, figli di Vincenzo Virga boss ergastolano di Trapani, in carcere dal 2001 quando fu arrestato da latitante. I due – secondo le indagini – decidevano le cose importanti della famiglia trapanese e avrebbero raccolto voti per Paolo Ruggirello, tre volte parlamentare regionale, nella scorsa legislatura anche deputato questore, in cambio di favori e soldi. Il politico e’ finito in manette con l’accusa di associazione mafiosa perche’ sarebbe stato consapevole della caratura mafiosa dei Virga, noti in citta’ per aver ereditato la posizione del padre adesso al 41 bis. Tra gli arrestati c’e’ poi Francesco Orlando, gia’ condannato a 8 anni per mafia, adesso accusato di essere tra i capi della famiglia di Trapani. Tra gli arrestati, dunque, oltre ai vertici del mandamento (rappresentati dai fratelli Virga, della famiglia mafiosa di Paceco ed esponenti della famiglia mafiosa di Marsala, vi sono anche esponenti politici locali, che si offrivano ai mafiosi, proponendosi come loro punti di riferimento, arrivando, in alcuni casi, addirittura ad affidare loro la gestione, seppur parziale, della propria campagna elettorale.

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