Si sono avvalsi della facoltà di non rispondere, davanti al Gip di Catania Santino Mirabella, gli indagati finiti agli arresti domiciliari nell’ambito dell’inchiesta “Pupi di pezza” della Guardia di Finanza che ha fatto luce su un vasto sistema di fallimenti pilotati e maxi evasioni fiscali. Nove gli arrestati, tra professionisti e imprenditori, e tra loro il commercialista Antonio Pogliese, 75 anni, titolare di uno dei più noti e avviati studi della città, padre del sindaco di Catania, Salvo.
“Non è stata una scelta strategica processuale – spiega il legale di Antonio Pogliese, l’avvocato Giampiero Torrisi – ma senza alternative, dovuta all’imponente documentazione da leggere: l’ordinanza del Gip è 370 pagine, la richiesta della procura oltre 500 e l’informativa della Guardia di finanza 1.200. Non potevamo difenderci senza avere letto tutti gli atti. E’ una valutazione che abbiamo fatto tutti i legali impegnati nel caso: ci aspetta un fine settimana di lunghe letture. La prossima settima ci faremo interrogare dai magistrati della procura”. Insieme con il commercialista Pogliese ai domiciliari sono finiti anche due collaboratori dello studio: Michele Catania, 53 anni, Salvatore Pennisi, 46, e quella che gli investigatori hanno definito la ‘testa di legno’, Salvatore Virgillito, 66 anni, liquidatore fiduciario dello studio. Agli arresti domiciliari ci sono anche gli imprenditori Antonino Grasso, 54 anni, Giuseppe Andrea Grasso, 51, Michele Grasso, 58 (tre fratelli), Concetta Galifi, 39 e Rosario Patti, di 79. Il Gip ha disposto la misura interdittiva ad esercitare il diritto d’impresa per un anno per Alfio Sciacca, 67 anni e Nunziata Conti, 65.