Saranno gli investigatori, da una parte, e i responsabili della centrale operativa del 118, dall’altra, a chiarire quanto accaduto ieri mattina ad Adrano dopo che un’ambulanza – allertata al telefono da una donna che accusava un malore – è tornata in postazione senza avere trovato la paziente.
Parenti e amici della donna trovata poi in casa priva di vita chiedono di accertare l’esatta dinamica dei fatti, sino ad ora ricostruita in maniera frammentaria. La “ricerca” dell’abitazione – ubicata in via Catania 123, una strada lunghissima che tocca i due lati estremi della città – si è risolta con un nulla di fatto solo perché alla porta dell’abitazione di chi aveva chiesto aiuto nessuno aveva risposto.
E’ normale che tutto ciò sia avvenuto? Fa parte del protocollo che il personale sanitario di pronto intervento deve rispettare?
Ci si domanda se nei casi estremi – quando cioè a chiamare è un paziente che si trova da solo e in grave pericolo di vita – è previsto l’intervento di altre squadre d’emergenza (Vigili del fuoco, Polizia, Carabinieri) a supporto dei parasanitari e del medico del 118.
I vicini di casa della 54enne trovata morta ieri – secondo una versione che non ha ancora nulla di ufficiale – hanno indotto in errore il personale del 118 affermando che la donna non si trovava in casa perché era andata a trovare il marito in ospedale.
Escludendo, allora, i condomini della palazzina, chi aveva chiamato il 118? La porta “muta” dell’abitazione della donna, con il cagnolino che abbaia in continuazione, non sono bastati a mettere in allarme i sanitari intervenuti.
A meno che la chiamata non sia fatta da un numero fisso, per la centrale operativa del 118 risalire all’identità del ‘chiamante’ tramite il numero di cellulare è assai laborioso e non certo possibile sul momento.
Il dolore e la rabbia per quanto successo ieri fanno leva su una domanda decisiva: se il 118 avesse trovato subito la paziente colta da malore e fosse intervenuto in tempo utile, la donna si sarebbe potuta salvare?