Tutto un fiorir di note e talenti. Un fermento musicale che ebbe in un giovane produttore, l’indimenticato Francesco “Checco” Virlinzi, amico di Bruce Springsteen, il suo magnifico catalizzatore. Nacque così negli anni ‘90 la definizione di “Catania Seattle d’Italia” che, seppur con un po’ di nostalgia, resiste ancora allo scorrere del tempo forse più della usurata “Milano del Sud” coniata da Guido Piovene nel suo Viaggio in Italia.
In quegli anni prende consistenza il fenomeno della CantantessaCarmen Consoli:
“A 19 anni ero a Roma a suonare, mi sentivo snaturata: una specie di Anna Oxa che vuole fare il rock. Se non fosse stato per Francesco Virlinzi non sarei mai arrivata fino a qui”.
Attorno all’etichetta discografica Cyclope records, creata da Virlinzi, ruota un giro di giovani artisti che hanno poi influenzato la musica italiana. Oltre a Carmen Consoli, Mario Venuti (già Denovo), Flor, Brando, Nuovi Briganti, Amerigo Verardi, Teclo e Moltheni. Quest’ultimo, poi svelatosi come Umberto Maria Giardini, registra per la piccola etichetta catanese Natura in replay, un album dalle sonorità straordinarie ancora attuale a distanza di quasi vent’anni dalla pubblicazione.
Il fenomeno “Seattle” è favorito dalla apertura ai concerti di decine di piazze catanesi ad opera delle amministrazioni comunale e provinciale. Ad artisti di primo piano come Franco Battiato, Vincenzo Spampinato e Michael Nyman viene affidata la direzione artistica di rassegne musicali che richiamano decine di migliaia di spettatori. Per dieci edizioni, a partire dal 1996, il territorio catanese ospita rassegne musicali di grande qualità come Sonica che porterà a Misterbianco gli Skunk Anansie e i Coldplay.
Riemergono dalle cantine e dai garage decine di gruppi fino ad allora sconosciuti che hanno la possibilità di suonare nei nuovi locali – Taxi Driver, Macumba, I Carbonari, La Chiave – divenuti poi parte integrante del fenomeno musicale legato alla città.
Il 6 agosto del 1995, quasi una consacrazione di uno stato di grazia, si tiene allo Stadio Cibali di Catania (non ancora “Massimino”) il concerto dei REM. E’ l’unica data che la band internazionale tiene in Italia. Un gesto d’amore concesso all’amico Francesco Virlinzi che, in giro per il mondo, li aveva ascoltati e poi fotografati (musica e fotografia: le grandi passioni del produttore catanese scomparso il 28 novembre del 2000). Prima del gruppo rock di Athens, nello stadio catanese si esibiscono i catanesi Flor (già Flor de Mal) e i Radiohead di Thom Yorke, band poi venerata in tutto il mondo (l’album OK Computer, disco fondamentale nella storia del rock, esce due anni dopo la loro performance etnea).
“Non credo che i REM – si spingerà a dire anni dopo Michael Stipe, leader del gruppo rock – sarebbero oggi quello che sono senza l’entusiasmo di Francesco e dei catanesi che ci hanno fatto conoscere il resto del Paese”.
“Nella sola città di Catania – ricorda Nico Libra, titolare per oltre trent’anni del negozio di dischi Musiclande tra i maggiori conoscitori dei fenomeni musicali italiani – i REM vendevano 8 mila copie del loro disco, dieci volte tanto che nel resto d’Italia”.
La magia di quegli anni è divenuta materia di studio anche per i giovani studenti. Tre anni fa la rocker catanese Daniela Marsala si è laureata in lingue presentando una tesi sul “Rock Made in Catania”.
“Sul capoluogo etneo – ricorda Daniela – i riflettori si accendono nel novembre del 1992 quando la rivista americana Billboard scrive nella nota riguardante la musica in Italia che “…something is bubbling in Catania”, ovvero “qualcosa ribolle a Catania”. La rivista cita gli Uzeda, Brando, i Flor de Mal e i titoli dei loro dischi pubblicati, con brevi commenti che mostrano interesse per un fenomeno lontano dagli Stati Uniti: il rock catanese”.
“La Seattle d’Italia – spiega Mario Venuti – nasce grazie ad una serie di circostanze fortunate. La definizione, tanto per cominciare, è stata coniata furbescamente da Checco Virlinzi e poi sposata dai giornalisti. Virlinzi aveva un talento straordinario, una cultura imprenditoriale che gli veniva dalla famiglia e una conoscenza della musica come pochi. Grazie all’etichetta da lui fondata, trovavano spazio molti artisti. Si formavano i primi management: ricordo Nuccio La Ferlita (produttore e impresario catanese ndr) che veniva da Indigena. Grazie a queste strutture gli artisti avevano un supporto prezioso e potevano confrontarsi tra loro. Con Carmen Consoli ci siamo inevitabilmente trovati a collaborare l’uno con l’altro: avevamo lo stesso produttore, la stessa etichetta e registravamo negli stessi studi”.
Sotto il vulcano, va detto, le radici della musica di qualità erano profonde già prima che la città scoprisse, a suo modo, il “grunge” alla maniera della città americana – Seattle, appunto – che aveva generato fenomeni musicali di straordinaria rilevanza internazionale come i Nirvana e i Pearl Jam. Un discorso a parte, ovviamente, va fatto per Franco Battiato, straordinario compositore divenuto punto di riferimento imprescindibile per gran parte degli artisti etnei.
A Catania, fin dagli anni ’60 suonano – non hanno mai smesso di suonare – i Crabs, innamorati della musica dei Beatles e del rock di buona fattura. Giusto pochi mesi fa sono tornati sul palco assieme ad altri artisti per onorare la memoria di Rosario “Rori” Grasso, uno dei componenti della storica band scomparso a 66 anni.
Nei primi anni ’80 si forma a Catania una delle più importanti rock band italiane: i Denovo. Ogni catanese appassionato di musica conosce a memoria la storica line-updel gruppo che diventerà un gioco di parole nel titolo del loro ultimo album del 1989, prima dello scioglimento: Mario Venuti, Luca e Gabriele Madonia e Tony Carbone. Gli “Eighties” sono per la città di Catania anni assai prolifici sotto il piano musicale. Nel 1987 si formano gli Uzeda, gruppo rock di culto ancora in attività. Sette anni dopo la band viene invitata a Londra a suonare dal vivo nella popolare trasmissione di John Peel; i brani saranno pubblicati su disco nelle Peel Sessions.
Catanese è il cantautore Cesare Basile anima dei Candida Lilith e dei Quartered Shadows e Premio Tenco nel 2013. Ai piedi del vulcano si trova lo studio di registrazione The Cavedi Daniele Grasso, chitarrista dei Niggaradio.
“Sarò impopolare ma, in realtà, a Catania – osserva lo scrittore Domenico Trischitta, autore del romanzo Una raggiante Cataniache già nel titolo omaggia un brano di Carmen Consoli – il vero movimento musicale catanese, come fronte unico, lo abbiamo negli anni ’70. Mi riferisco alla musica di Gianni Bella, Marcella Bella, Umberto Balsamo, i Beans e, per altri versi, anche Vincenzo Spampinato. Molti di loro, ricordiamolo, arrivarono ad esibirsi a Sanremo e andarono in classifica (nel 1976 Non si può morire dentrodi Gianni Bella rimase per 10 settimane al primo posto nella Hit Parade italiana ndr.). Quello è il primo momento significativo della Catania musicale. Poi arriva il fenomeno di Franco Battiato che fa da apripista ad artisti più impegnati come i Denovo che hanno successo in un periodo, gli anni ’80, in cui la città è stordita dai morti di mafia”.
E oggi? Nell’Isola il baricentro si è spostato sul versante occidentale.
“A Catania si vive un po’ di rendita su ciò che molti di noi hanno fatto negli anni ’90. Palermo, invece, si è risvegliata – confessa Mario Venuti – da lì vengono artisti molto interessanti: Di Martino, Nicolò Carnesi, Pan del Diavolo, Alessio Bondì, Cammarata”.
Nonostante l’unicità del fenomeno Seattle, Catania non ha mai smesso di produrre musica di qualità: nel genere world-music vanno citate le Malmaritate e Gabriella Lucia Grasso (componente dello stesso gruppo prodotto dalla Narciso recordsdi Carmen Consoli), Rita Botto e la paternese Eleonora Bordonaro tra i fenomeni più interessanti degli ultimi anni. Vere fibrillazioni vive il rap con il fenomeno L’Elfo (Luca Trischitta, figlio dello scrittore Domenico), campione di freestyile nato a Catania nel 1990. Stella di prima grandezza nel mondo del jazz il pianista e trombettista biancavillese Dino Rubino, pupillo di Enrico Rava, da anni entrato nella scuderia discografica di Paolo Fresu.
Questo articolo è stato pubblicato a giugno del 2018 nel mensile “Gattopardo”.