“Il terremoto delle ore 03:19 è verosimilmente legato all’attivazione della faglia Fiandaca e della faglia di Pennisi, due delle strutture più meridionali del sistema tettonico delle Timpe. Il danneggiamento maggiore è infatti distribuito lungo tali strutture vulcano-tettoniche, insieme ai vistosi effetti di fagliazione superficiale associati all’evento sismico”. Lo afferma il primo ricercatore dell’Ingv di Catania, Marco Neri, sismologo e vulcanologo.
“La distribuzione del danneggiamento e l’estensione della fagliazione – osserva Neri – sono molto simili a quelle riportate dalle fonti storiche per il terremoto dell’8 agosto 1894 , che ha rotto la faglia di Fiandaca per l’intera lunghezza. Altri eventi storici documentati dal catalogo sismico storico sono avvenuti nel 1875, 1907 e 1984, ma furono meno energetici e dovuti all’attivazione di parti della faglia di Fiandaca”. Stamattina la terra è tornata a tremare: alle ore 7.15 di stamattina un sisma di magnitudo 2.7 è stato registrato alle 7.15 nella zona di Adrano iad una profondità di 4 km. Lo riferisce l’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia. Negli ultimi tre giorni sono oltre mille le scosse con un picco di 4.9 di magnitudo il 26 dicembre alle 3.19 che ha provocato crolli di edifici e 28 feriti.
Sono 320 gli sfollati che saranno ospitati in strutture alberghiere segnalate da Federalberghi con cui la Regione Siciliana in meno di un giorno dal sisma ha stipulato la convenzione. Diciassette a Santa Venerina; 36 a Aci Sant’Antonio; 8 a Viagrande; 34 ad Acireale e 225 a Zafferana Etnea. Molti abitanti di Zafferana hanno trascorso, per loro scelta, la prima notte in strutture comunali messe a disposizione del comune di Zafferana Etnea.
“L’attuale situazione eruttiva – continua il sismologo Marco Neri – poco si discosta dalla casistica più riconosciuta per le eruzioni effusive etnee, in occasione delle quali un trasferimento di stress dalle masse intruse verso le porzioni più superficiali dei fianchi del vulcano può generare l’innesco di terremoti anche diversi chilometri lontano dai centri eruttivi.
“Sulla base delle attuali manifestazioni dell’attività eruttiva, sono esclusi, al momento, problemi alle popolazioni ed alle principali infrastrutture: infatti, l’effusione lavica prodotta si riversa dalla base del Nuovo Cratere di Sud-Est entro l’ambiente desertico dell’ampia Valle del Bove. Tuttavia, sebbene le evidenze vulcanologiche più superficiali indichino una diminuzione dell’attività eruttiva generale, le informazioni desunte dai segnali geofisici non permettono di escludere una possibile alimentazione, tuttora in corso, del dicco che si è intruso. Sulla base della distribuzione della sismicità attuale, tale dicco potrebbe interessare un settore diverso dall’attuale teatro eruttivo, con l’apertura di nuove fratture eruttive a quote più basse di 2400 metri, in coincidenza della parete occidentale ed in quella meridionale della Valle del Bove.