Beni per 200 milioni di euro sono stati confiscati dalla Direzione investigativa antimafia di Palermo agli eredi dell’imprenditore Vincenzo Rappa morto il 28 marzo del 2009, all’età di 87 anni.
Il provvedimento della Prima Sezione misure di prevenzione del tribunale, scaturisce da una proposta del direttore nazionale della Dia, che nel 2014 aveva portato al sequestro dell’ingente patrimonio. Le indagini, coordinate dal procuratore Francesco Lo Voi, dall’aggiunto Marzia Sabella e dal sostituto Claudia Ferrari, hanno consentito di ricostruire la storia e la parabola economica dell’imprenditore edile, già condannato in via definitiva nel 2004 dalla Corte d’Appello di Palermo per concorso esterno in associazione mafiosa e riciclaggio aggravato. Gli accertamenti eseguiti, rafforzati dalle dichiarazioni di numerosi pentiti – da Angelo Siino a Giovanni Brusca, fino a Vito Galatolo e Salvatore Cancemi – hanno fatto emergere una rilevante sperequazione fra i redditi dichiarati e gli investimenti effettuati da Rappa, i legami con numerosi personaggi di spicco di Cosa nostra: Raffaele Ganci, della famiglia della Noce, i Madonia della famiglia di Resuttana, i Galatolo dell’Acquasanta.
Al riguardo, il Tribunale ha affermato che “le condotte poste in essere da Rappa di certo non si sono limitate alla mera contiguità o vicinanza a Cosa nostra, ma si sono sostanziate in azioni senz’altro funzionali agli scopi associativi”.
L’intesa con Cosa nostra si è principalmente realizzata nel versamento a esponenti di spicco della mafia di ingenti somme di denaro, ottenendo, in cambio, la possibilità di realizzare importanti operazioni immobiliari nel settore dell’edilizia privata e dei pubblici appalti. Il provvedimento ha interessato tre società di capitali attive nel comparto delle costruzioni edilizie e nel campo finanziario, numerose quote societarie, 183 immobili, un intero edificio di otto piani, rapporti bancari e disponibilità finanziarie. Tra gli immobili, l’edificio settecentesco Palazzo Benso, oggi sede del Tar di Palermo, in via Butera, di circa 1.200 metri quadri; Villa Tagliavia, nella centrale via Liberta’, di 2.300 metri quadri, con oltre 15 mila metri quadri di giardino, l’intero edificio di via Ugo La Malfa dove e’ ubicata la sede regionale del Consiglio nazionale delle ricerche. Con lo stesso provvedimento, il Tribunale ha disposto il dissequestro di altri beni e società, intestati agli eredi di Rappa, gia’ interessati da sequestro nel marzo 2014, che l’autorità giudiziaria non ha ritenuti collegabili all’attività imprenditoriale di Vincenzo Rappa.