La storia del maxiprocesso di Palermo contro Cosa nostra, istruito dal pool di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, rivissuta attraverso le immagini delle udienze in aula (1.200 ore di materiale audiovisivo che le Teche Rai hanno restaurato, digitalizzato, studiato e approfondito) e arricchita da ricostruzioni con scene di fiction. In una doppia narrazione per raccontare in una serie tv in sei puntate un processo storico dai numeri eccezionali: 476 imputati, 200 avvocati, 8 mila pagine di sentenza, 19 ergastoli e 2.665 anni di carcere complessivi. E’ ‘Maxi. Il grande processo alla mafia’, una serie scritta da Cosimo Calamini, Alessandro Chiappetta, Marta La Licata e Davide Savelli, con la regia di Graziano Conversano, andra’ in onda da martedi’ 23 ottobre alle 21,10 su Rai Storia e in anteprima gia’ da oggi su RaiPlay. Oggi c’e’ stata la conferenza stampa di presentazione nella sede Rai di viale Mazzini, con l’intervento della direttrice di Rai Cultura, Silvia Calandrelli, del regista Conversano e del capo della procura nazionale antimafia e antiterrorismo Federico Cafiero de Raho. In sala tra gli altri l’ex presidente del Senato Pietro Grasso, che fu giudice a latere in quel processo, il capo della procura di Roma, Giuseppe Pignatone, il questore di Roma, Guido Marino. La direttrice di Rai Cultura ha letto un messaggio pervenuto dal presidente della Repubblica Sergio Mattarella nel quale e’ sottolineato che quel maxiprocesso fu “spartiacque” nella lotta alla mafia in Sicilia, e che quella proposta oggi e’ un’opera storiografica di grande rilievo che fara’ conoscere ai giovani quei valori che animarono la lotta al crimine. Calandrelli ha aggiunto che “la Rai c’era allora, come oggi, e con grande forza”. Si tratta di un progetto seriale realizzato attraverso la vagliatura di tantissimo materiale girato e con l’obiettivo di “rendere giustizia a quanti si sono sacrificati per rendere piu’ civile il Paese”. Un lavoro la cui produzione e’ tutta interna Rai. Il procuratore de Raho ha parlato di “straordinario lavoro realizzato dal servizio pubblico che da’ alla gente memoria, conoscenza, perche’ comprenda cos’e’ la mafia specie in un momento in cui se ne sente parlare sempre meno. Oggi ci sembrano incredibili quelle cose, ma era la vita di ogni giorno li’. La gente allora parlava di ‘palcoscenico, di ‘scenario inventato’…”.
Il procuratore nazionale antimafia ha poi ricordato la sinergia con cui lavorarono il presidente del collegio giudicante, Alfonso Giordano, che veniva dal civile e fu “tirato fuori e catapultato nel processo al gotha della mafia imprenditrice e capace di stringere accordi con la politica”, nonche’ il ruolo del giudice a latere Grasso e dei giurati popolari: “Questa ricostruzione evidenzia in pieno la serieta’, la tranquillita’, una sorta di diplomazia, di Giordano”. Ci fu un mix tra la capacita’ del giudice civile di spezzettare ogni aspetto e analizzarlo con la capacita’ del giudice penale “che porta a sintesi tutto”. De Raho ha anche detto che dietro l’eleganza degli imputati dietro le sbarre mostrata dalle immagini d’epoca “c’e’ tutta la mafiosita’, l’arroganza. La mafia ha la capacita’ di muoversi con le armi peggiori e mostrando cosi’ il suo vero volto”. Il capo della Dna ha sottolineato inoltre l’importanza della Convenzione di Palermo con le linee guida nel contrasto alla mafia, convenzione attivata all’epoca dall’azione di Giovanni Falcone, e ricordato anche che nessun Paese ha una legislazione antimafia come la nostra e che vede altri Paesi oggi adoperarsi sulla stessa lunghezza d’onda. Arricchito dalla colonna sonora originale di Giorgio Spada, il racconto si sviluppa attraverso la voce narrante di Franco, un giornalista Rai interpretato da Giovanni Guardiano, che si mescola alle immagini dell’epoca e fa rivivere ‘l’epopea’ di giornalisti e tecnici Rai chiamati a documentare l’intero processo, per il pubblico italiano e per le tv di tutto il mondo. Accanto a Franco lavora una squadra composta da un cameraman, Gianni (interpretato da Fabrizio Colica) romano, trentenne, mandato come rinforzo, e Teresa (interpretata da Chiara Spoletini) montatrice e assistente alla regia appena assunta. Contornati da altre figure di redazione, Franco, Gianni e Teresa seguono l’intero processo, condividendo lo stress di un lavoro incessante, affrontando complesse situazioni emotive, pressioni psicologiche e minacce, fino alla sentenza finale. Tra le puntate proposte nella docufiction e ovviamente anche con le immagini vere dell’epoca, il confronto tra Tommaso Buscetta, il ‘boss dei due mondi’, e Pippo Calo’, indicato come il “cassiere” di Cosa nostra, con lo storico faccia a faccia in aula il 10 aprile 1986.