Ieri nella Chiesa di S. Nicolò ad Adrano, una santa messa è stata celebrata in suffragio di padre Alfio Conti, il prete-musicista scomparso esattamente un anno fa. In tanti hanno affollato la chiesa del Santo Eremita, San Nicolò Politi, che è stata la chiesa di don Alfio Conti fino alla fine. Ad un giovane che lo ha conosciuto bene, Dario Vinci, il Corriere Etneo ha chiesto di ricordare padre Alfio.
A un anno esatto dalla sua morte i ricordi di chi lo ha voluto bene si intrecciano in un groviglio di emozioni che hanno il sapore della nostalgia. Ciascuno di noi desidera il cielo e vive nella dimensione del “già e non ancora” che tante volte don Alfio amava ricordarci.
Di certo posso dire che è stato un piccolo-grande sacerdote che ha lasciato in eredità un patrimonio umano, culturale e spirituale veramente impareggiabile.
Poliedrica la sua figura. Figlio innanzitutto di questa amata terra di Adrano, per cui tanto ha pregato: dai dirigenti politici ai giovani, dalle famiglie ai sofferenti che si raccomandavano alle sue preghiere!
Per anni insegnante, sempre un tantino in avanti per strategie e uso di strumenti didattici innovativi, (ora soppiantati, ma per allora invece all’avanguardia: le diapositive, le attività ricreative pomeridiane e i giochi di gruppo).
Educatore che ha sempre incoraggiato, valorizzato e fatto apprezzare agli altri ogni forma di linguaggio perché tipicamente umano: l’espressione teatrale, poetica, cinematografica, artistica, musicale.
Quanti film visti assieme ai giovani e meno giovani che son cresciuti con lui! A don Alfio tanti di loro devono la passione perle opere d’arte, il teatro, la letteratura mondiale, la musica. Quanti mosaici e presepi realizzati insieme, quanti brani letterari citati e usati per le catechesi.
Archeologo musicale, entusiasta e instancabile nell’impedire che cadessero nell’oblio tutti quei canti – anche in dialetto – che la tradizione popolare ci consegnava grazie al ricordo vivo di persone anziane – più o meno intonate – che don Alfio andava a sentire cantare per impararne la melodia, registrare i canti e curare l’edizione di stampa – a sue spese – per impedirne l’oblio.
Grande lettore, divoratore di opere letterarie, filosofiche, teologiche e spirituali. Predicatore dall’intelligenza acuta, dal linguaggio forbito e ineguagliabile, che sapeva incantare con quei voli pindarici di cui talvolta capivamo poco ma che ci affascinavano lo stesso per la saggezza, la lungimiranza profetica, la capacità di toccare nel profondo e far vibrare le corde dell’anima.
Tante le ricerche, gli studi, le pubblicazioni, le composizioni musicali, i concerti realizzati, dando prova di scrupolosità nelle prove di canto, di accuratezza nell’esecuzione canora, di attenzione durante la celebrazione liturgica, nel rispetto dell’ortodossia dei contenuti e della musica sacra.
Con slancio e fedeltà ha vissuto la responsabilità per tanti lunghissimi anni del Coro di CL a Catania, l’appartenenza al Movimento di Comunione e Liberazione nella sequela del carisma di don Giussani, che ha forgiato come un’impalcatura la sua forma mentis, il suo orizzonte valoriale e umano di riferimento.
Profondamente generoso e rispettoso della libertà altrui; persona discreta ed umile, semplice e riservata allo tesso tempo; per tanti un amico sincero e fedele, sempre presente nei momenti importanti della vita, nelle circostanze liete e festose, come negli eventi dolorosi e nelle scelte eticamente difficili e delicate.
Ha gioito per il battesimo di tanti, la laurea di altri, il matrimonio di molti, l’ordinazione di alcuni, come ha sofferto di dolore per la dipartita degli amici più cari. Per ogni evento amava comporre canti nuovi, affinché fosse la memoria a ricordare.
Sacerdote sempre grato della predilezione del Signore e del dono del ministero ricevuto e conferitogli per mano della Santa Madre Chiesa, come un servo obbediente ha svolto il suo compito pastorale tra la gente, al meglio di come ha potuto , con i mezzi e le risorse umane di cui disponeva.
Una vita vissuta sempre nella “straordinaria” ordinarietà del quotidiano, di cui perla preziosa era la celebrazione della messa, la recita dell’Ufficio e del Rosario per la quale sceglieva sempre zone di campagna, (l’Aspicuddu, le Vigne) allo scopo di affiancare alla meditazione anche la contemplazione del creato in un clima di pace e solitudine.
Il silenzio era il suo grande compagno di vita. Una vita vissuta sempre più nel nascondimento e nella preghiera, una vita diventata silenzio essa stessa. Come gli ultimi giorni, impedito com’era proprio nella possibilità di proferire parola.
Una vita sempre più ad imitazione del suo e nostro amato San Nicolò Politi, di cui ha sempre cercato di approfondirne la conoscenza e divulgarne la devozione e l’affetto. Insieme con lui adesso starà contemplando l’immagine del Padre pregando sicuramente per tutti noi.
(Dario Vinci)