Adrano, il “golpe” all’elezione dei presidenti delle commissioni: escluse FI, Azione Civica e Adrano Attiva

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La maggioranza-minoranza che aiuta la minoranza-maggioranza estromettendo i presidenti “in pectore” e tagliando fuori dal gioco Forza Italia, Azione Civica e Adrano Attiva, tre liste che avevano sostenuto la candidatura di Di Primo. L’elezione dei presidenti delle 6 commissioni consiliari, avvenuta oggi pomeriggio, ha del clamoroso, alla luce delle odierne dichiarazioni dei rappresentanti di Lega e Udc che nei confronti del sindaco hanno espresso “precoce insoddisfazione”. Alla compagine del sindaco, invece, grazie anche ai voti di Lega e Udc va a sorpresa la presidenza di due importanti commissioni: la 1^ con Rosario Caruso (Patto per Adrano) e la 4^ con Maria Grazia Politi (Patto per Adrano). Alla 2^ commissione è stato eletto Luigi Cancelliere di Adrano 2.0; alla 3^ Angela Chiara, Udc, alla 5^ Irene Cinardi, Lega, e alla 6^ Vincenzo Mazzeo, Insieme Si Può (area Monteleone). Saltati gli accordi all’interno della maggioranza consiliare, la stessa che ha portato all’elezione di Aldo Di Primo a presidente del consiglio, sono rimasti fuori alcuni nomi che, sulla carta, erano stati designati alla guida delle commissioni. Mancano all’appello, solo per fare alcuni nomi, il votatissimo Agatino Perni, e poi Paolo Politi, Angela Branchina, Salvo Coco e Federico Floresta.
Non ci sono ancora dichiarazioni ufficiali ma, a quanto pare, la scelta inedita pare sia stata adottata per garantire una sorta di “diritto di rappresentanza” ai consiglieri che sostengono il sindaco Angelo D’Agate. Voci maliziose parlano invece di un’azione mirata per tenere fuori alcuni nomi. A meno che la situazione non sia sfuggita di mano, il guazzabuglio che emerge dalla elezioni dei 6 presidenti disegna una inedita “maggioranza” formata dai sostenitori del sindaco D’Agate assieme ai rappresentanti di Lega, Udc e area Monteleone.
La scelta di negare la presidenza ai rappresentanti di Forza Italia, Azione Civica e Adrano Attiva rischia adesso di provocare un terremoto tra le forze che compongono la cosiddetta maggioranza-minoranza in consiglio comunale.
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