Il fascicolo con gli atti dell’inchiesta della procura di Agrigento sul caso ‘Diciotti’, che vede indagati il ministro dell’Interno, Matteo Salvini, e il suo capogabinetto Matteo Piantedosi, ha lasciato il palazzo di giustizia della Valle dei Templi. Il corriere[sg_popup id=”7489″ event=”inherit”][/sg_popup] incaricato dalla Procura di Agrigento e’ partito alla volta di Palermo accompagnato da uomini della Guardia costiera cui sono state delegate le indagini dal procuratore Luigi Patronaggio. Contestati i reati di sequestro di persona, arresto illegale e abuso d’ufficio; ipotizzati anche quelli di sequestro di persona a scopo di coazione e omissione d’atti d’ufficio. Gli atti sono indirizzati al procuratore della Repubblica di Palermo, Francesco Lo Voi, che entro 15 giorni li dovra’ girare alla sezione del distretto di Palermo del Tribunale dei ministri, organismo composto da tre magistrati scelti per sorteggio ogni due anni e attualmente in carica. Il ministro potra’ essere sentito da Tribunale dei ministri, ma lo stesso ministro potra’ chiedere di essere ascoltato, anzi il procuratore della Repubblica deve avvisarlo che puo’ presentarsi. Il Tribunale dei ministri, entro novanta giorni, dovra’ eseguire una istruttoria, con un ulteriore termine, se necessario, di 60 giorni: alla fine l’organismo potra’ archiviare ovvero trasmettere nuovamente le carte al procuratore della Repubblica che dovra’ inoltrare l’autorizzazione a procedere alla Camera di competenza.
In relazione all’aggravamento della posizione degli indagati, confermata ieri da fonti giudiziarie, l’ipotesi del sequestro di persona a scopo di coazione, farebbe riferimento al fatto che il titolare del Viminale avrebbe impedito lo sbarco per fare pressione sull’Ue in direzione della ridistribuzione dei migranti; mentre l’omissione d’atti di ufficio riguarderebbe la circostanza che sarebbe stata ignorata la richiesta della Guardia costiera di un porto sicuro, indicando Catania solo come scalo tecnico. Per dieci giorni, dopo il soccorso il mare, i migranti sono rimasti a bordo dell’unita’ del Corpo che ha reiterato, anche a ridosso della conclusione della vicenda, la necessita’ di procedere allo sbarco per la criticita’ delle condizioni a bordo. Tredici dei 190 salvati era stati evacuati d’urgenza a Lampedusa. Poi per cinque giorni, gli altri sono rimasti ormeggiati nel porto etneo. Dei 177 erano stati fatti sbarcare anche i 27 minori; sabato, nel tardo pomeriggio, era stato disposto dalla Sanita’ marittima l’ordine di sbarco per undici donne che avevano subito violenze in Libia, e sei uomini, due dei quali affetti da tubercolosi. Nella notte tra sabato e domenica la svolta, con lo sbarco di tutti e il trasferimento a Messina, da dove martedi’ un centinaio e’ partito in direzione di Rocca di Papa. Altri 39 attendono la loro destinazione; 4 gli scafisti – 3 egiziani e un bengalese – il cui fermo e’ stato convalidato ieri per associazione finalizzata alla tratta di persone, violenza sessuale, favoreggiamento dell’immigrazione clandestina e procurato ingresso illecito, applicando la custodia cautelare in carcere. Di loro ora si occupera’ Palermo che, nel pieno del caso Diciotti, aveva aperto un’inchiesta per il reato associativo. Patronaggio, insieme all’aggiunto Salvatore Vella, peraltro, ha effettuato ulteriori accertamenti e verifiche anche per quanto riguarda l’identificazione e la tutela dei diritti delle persone offese: l’intenzione e’ assicurare ai migranti che erano a bordo della nave la piena tutela legale e la possibilita’ di costituirsi in giudizio contro il ministro dell’Interno.
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