[sg_popup id=”7353″ event=”inherit”][/sg_popup]Quinta giornata al porto di Catania, la decima sulla ‘Diciotti’, la nave della Guardia costiera dove sono costretti a vivere tra ristrettezze e timori 150 migranti. “Facciamoli scendere” è lo slogan della manifestazione programmata nel pomeriggio per iniziativa, tra gli altri della Rete antirazzista, Legambiente, Pax Christi, Cobas, Arci, Anpi, No Muos e centri sociali. Il quadro resta fortemente incerto dopo la fumata nera in sede europea. Ieri un folto gruppo consistente di migranti, circa 120, ha iniziato lo sciopero della fame a riprova di una insofferenza e tensione crescenti, e un deciso e inedito pressing e’ arrivato anche dalla stessa Guardia costiera che in un report inviato al governo e alle procure ha evidenziato la criticita’ della situazione che impone lo sbarco immediato. Ieri Matteo Salvini ha indicato quella che potrebbe essere una possibile via d’uscita: eseguire le procedure di riconoscimento e identificazione a bordo per individuare i reali profughi: sulla nave ci sono 130 eritrei, un somalo, due siriani, 10 delle Isole Comore, 6 bengalesi, e un egiziano. E oggi missione della procura di Agrigento a Roma per sentire come persone informate dei fatti alcuni funzionari del Viminale nell’ambito dell’inchiesta coordinata da Luigi Patronaggio, per sequestro di persona e arresto illegale (ma che potrebbe contestare anche l’abuso d’ufficio), puntando a ricostruire la catena di comando per individuare chi ha dato l’ordine di non fare sbarcare i migranti. Al momento l’inchiesta resta contro ignoti e le indagini sono state delegate alla Guardia costiera, verso la quale, dunque, c’è la massima fiducia, e punta ad accertare le responsabilità individuali dei soggetti che fanno parte di questa catena di comando. E il titolare del Viminale ha lanciato la sfida: “Ascoltino me”. Indagano anche la procura di Palermo, per associazione a delinquere finalizzata al traffico di uomini, e quella di Catania, che ha aperto un fascicolo di ‘atti relativi’.