Bafode aveva 22 anni, era originario della Guinea Conakry ed era arrivato in Italia nel 2016. Lo sbarco in Sicilia, il passaggio dall’hub regionale di accoglienza di Bologna e poi l’assegnazione al Cas (Centro di accoglienza straordinaria) gestito dalla cooperativa sociale Cento Fiori di Rimini. Nel frattempo aveva ottenuto il riconoscimento della protezione umanitaria, aveva fatto un mese e mezzo a Casa don Andrea Gallo, uno spazio a bassa soglia di accoglienza autogestito dagli ospiti con il coordinamento dell’associazione Rumori Sinistri e aveva iniziato a giocare a calcio, la sua passione, nella Polisportiva Autside di Rimini. Poi l’ingresso nello Sprar, prima a Riccione e poi di nuovo a Rimini. A febbraio di quest’anno pero’ il progetto e’ finito, Bafode è rientrato a Casa don Gallo, ma solo per un mese. “Ha parlato con Federico che segue la squadra di calcio per dirgli che lo Sprar stava finendo e lui rischiava di ritrovarsi in strada, quindi abbiamo predisposto lo spazio per riaccoglierlo- racconta Manila di Casa Madiba network-. Poi un amico gli ha proposto di andare a lavorare a Foggia, come bracciante. Noi abbiamo provato in tutti i modi a convincerlo a non partire, abbiamo chiesto a chi nella Capitanata c’era già stato di parlarci, ma per lui erano 4 o 5 mesi di lavoro e non c’e’ stata possibilità. D’altra parte, le alternative quali erano? Nessuna”. Bafode è morto lo scorso weekend in uno degli incidenti in cui hanno perso la vita 16 braccianti che lavoravano nel foggiano. Insieme a lui c’erano anche Romanus ed Ebere, nigeriani, anche loro giovanissimi, anche loro transitati dai progetti di accoglienza di Rimini, da Casa don Gallo e dalla Ciclofficina di Rimini dove si tengono corsi per imparare a riparare le biciclette. Un altro ragazzo e’ in gravi condizioni.