Alberi: i custodi della terra

Il tema dei cambiamenti climatici è al centro dell’agenda politica di molti Paesi. La temperatura del pianeta si sta innalzando, producendo effetti in ambito locale, che cambiano il nostro habitat. Non è la prima volta che il pianeta modifica la sua condizione climatica. La Terra vive e pulsa insieme al cosmo e trasforma la sua condizione, lentamente e naturalmente. Quello che sta succedendo adesso è che l’uomo ha accelerato i processi – che tra l’altro non controlla – deresponsabilizzandosi, in nome del progresso e dello sviluppo.

Un’azione locale incide nel bilancio globale. Noi siamo responsabili tanto quanto i potenti della terra, tanto come le grandi industrie, tanto come chi inquina e consuma il patrimonio più prezioso di cui disponiamo. La terra, il nostro pianeta, la nostra casa.

Da dove possiamo partire per mitigare l’aumento della temperatura terrestre e locale? Quale è il nostro contributo per migliorare le condizioni ambientali? Anche noi, nel nostro piccolo possiamo essere utili? Dipende solo dagli altri?

La risposta è semplice. Noi possiamo. Tutti noi, nelle nostre città e più in generale nei luoghi che abitiamo, possiamo e dobbiamo fare qualcosa. Ma da dove cominciamo?

Se non prendiamo coscienza del problema e non iniziamo anche con le piccole cose, rischiamo di perderci. Allora partiamo dal gesto più semplice e potente che possiamo mettere in atto. Piantare un albero. L’albero è un bene prezioso. Metafora del rapporto tra noi e il divino. Protagonista della nascita della vita sulla terra. Ci sfiora con le sue foglie e sussurra storie antiche. L’albero è energia, è struttura, è riparo, è argine, è compagno, è custode. Prezioso quando si fa bosco, sorpresa quando diventa radura. Poi diventa sentiero, cornice e portatore di frutti. Cresce insieme a noi e ci racconta storie. E’ testimone di battaglie, di amori, di corse tra i campi. Complice silenzioso di ninfe e fate.

Potente e poderoso, ha bisogno di noi. Perché è riparo, ma nello tempo ha bisogno delle nostre cure e qualche volta del nostro silenzio. Portatore di acqua, di aria. Casa di tutti gli esseri viventi. Su di esso si costruiscono nidi, ripari e la natura si diverte con mille forme. Siamo quasi sette miliardi in questa terra e se ognuno di noi piantasse un albero – il suo albero – il pianeta ritroverebbe la sua strada maestra. E’ urgente pensare – a partire dalle nostre città – ad una nuova fase di politiche ambientali. Se da una parte è necessario rivedere la gestione delle risorse idriche in chiave ecologica e i rifiuti – che devono essere trasformati in risorse – dall’altra dobbiamo piantare alberi, ovunque. Un gesto semplice che è spesso sottovalutato, deriso, rinviato. Ad ogni cittadino, un albero. Ad ogni nuovo figlio un albero. A memoria di un nostro caro un albero.

Se andiamo indietro nel tempo scopriamo che le nostre case erano circondate da boschi, che abbiamo cancellato. Il tessuto e la trame delle nostre campagne era disegnato con gli alberi, che erano come cattedrali dentro un’antica città. La Sicilia era un bosco infinito e ad ogni bosco una leggenda, una battaglia un nascondiglio, un’avventura.

In alcuni regolamenti edilizi (vedi Catania) ci sono articoli di legge che rimettono al centro l’esigenza di ri-equilibrare il rapporto tra artificio e natura (bisognerebbe estendere queste norme a tutti i comuni). Forse considerare con più asprezza il reato di chi brucia gli alberi. Bruciare un albero, un frutteto, un bosco, la natura è un omicidio, perché uccide ognuno di noi e il nostro futuro. Le recenti vicende di Atene sono una drammatica fotografia di quanto detto.

Serve uscire dalla fase romantica e retorica, se si parla di piantare alberi. Serve piantarli e basta. Forse dovrebbe diventare – per legge – un parametro utile per giudicare l’attività politica di un governo cittadino. Misurare il numero di alberi piantati durante il loro mandato oppure la quantità di superficie consumata e non restituita alla natura. A molti sembrerà una richiesta buffa o surreale. No è così. E’ solo la direzione che dobbiamo prendere per salvare i luoghi che abitiamo.

In questi giorni tutti soffrono il caldo. Tutti accedono i condizionatori e gli anziani non ricordano tutto questo caldo nella loro gioventù. Non è un caso. Ci sono meno alberi e più condizionatori. Meno natura e più spreco di energia. Il gatto che si morde la coda. La verità è che questo è uno degli argomenti che più facilmente tendiamo a spostare in avanti nel tempo in termini di risoluzione. E sbagliamo.

In questi giorni si parla di eliminare l’uso di oggetti di plastica come piatti e posate monouso. In questi giorni si parla di rifiuti, di plastica nei mari, di surriscaldamento terrestre. Stanno parlando con noi, con te che adesso stai leggendo. Le aziende si stanno organizzando per eliminare la plastica dalle loro confezioni. Ormai siamo tutti in campo, non possiamo esimerci dall’assunzione di responsabilità. Ora possiamo fare qualcosa anche noi. Il sindaco, la politica, le aziende, i cittadini e la scuola. Piantare un albero. Piantare un bosco. Coltivare la terra e custodirla.

Perché l’albero è il custode della terra. Saggio e cortese. Se ogni città realizzasse il bosco dei gentili – quello spazio dentro il quale ci riconciliamo alla natura divina del cosmo – forse potemmo riscoprire la bellezza del paesaggio che ospita le nostre vite, i nostri figli, il nostro futuro. Allora cominciamo a percorrere questo sentiero, consapevolmente. Lo dico ancora: piantiamo un albero per ogni figlio di questa terra, facciamo come fanno i contadini che abitano una piccola isola, non sprechiamo la terra. Da questo principio etico, ne derivano innumerevoli declinazioni – in ogni campo – che vanno esplorate.

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Riguardo l'autore Francesco Finocchiaro

Architetto vitruviano. Credente convinto e appassionato delle religioni. Vive il suo lavoro come una grande passione . Esplora gli innumerevoli paesaggi dell’arte: dalla poesia al giornalismo, dall’architettura alla grafica, dalla comunicazione alle strategie urbane. Docente di storia dell’arte e filosofo dell’abitare. Convinto sostenitore del futurismo e che l’innovazione ha le sue radici nella memoria. Vorace lettore di Papa Francesco, di Pablo Neruda, Lucía Etxebarria e Omero. Vive l’architettura come un Pitagorico, in forma mistica e monastica come il suo architetto preferito, Peter Zumthor.

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