“Ho la pelle dura per la sclerodermia, ma per carattere la testa lo è ancora di più ed è così che ho realizzato il mio sogno”: diventare mamma nonostante una malattia che 13 anni fa ha reso necessario un autotrapianto di cellule staminali, dopo il quale “mi avevano detto che sarebbe stato difficile avere un bambino. Io invece ci ho creduto fino in fondo e ci sono riuscita”. Gabriela Verzì, da Biancavilla nel Catanese, ai piedi dell’Etna, ha una forza di volontà esplosiva come il vulcano che le abita accanto. Il prossimo 19 agosto compirà 35 anni e li festeggerà insieme alla figlia Alessandra, che il 31 dello stesso mese spegnerà la sua prima candelina. Per metterla al mondo la giovane ha dovuto sospendere le terapie e lo ha fatto convinta. “Perché nella vita dobbiamo curarci sempre – dice – ma questo non significa mollare i propri sogni”. Gabriela, che in Sicilia è responsabile regionale dell’Ails, l’Associazione italiana lotta alla sclerodermia Onlus, racconta la sua storia all’AdnKronos Salute alla vigilia della Giornata mondiale dedicata alla patologia di cui soffre. Una condizione cronica e autoimmune che in Italia colpisce 25 mila persone, soprattutto donne, indurendo progressivamente prima la pelle e poi gli organi interni, con il rischio di complicanze gastrointestinali, ginecologiche, polmonari e cardiache. Ma ora, grazie alle terapie, l”onda di pietra’ può essere frenata ed “è possibile raggiungere una buona qualità di vita”, come assicura anche Paola Muti, consigliera Ails e coordinatrice della Commissione scientifica. Dall’ottobre scorso Gabriela è moglie di Salvatore che ha conosciuto nel 2004, durante la fase più brutta di una malattia scoperta 20 anni fa, nel 1998, appena 15enne. Allora viveva in Inghilterra dove la madre, che oggi non c’è più, era in attesa di un trapianto polmonare. “Le mani mi diventavano nere”, ricorda la donna. All’inizio i suoi perché sono rimasti senza risposta, “però poi è comparsa la prima ulcera”. Dal medico di base Gabriela arriva all’angiologo che sospetta una sclerodermia; quindi la diagnosi e l’inizio dei trattamenti in un centro britannico specializzato. Nel 2003 il rientro in Italia e l’improvviso peggioramento: “Mi sono ritrovata quasi immobile, dura come il legno”.
“Quell’estate mi ero esposta molto al sole, ho fatto la bella vita e l’ho pagata cara – spiega Gabriela – A livello cutaneo la patologia era progredita in maniera vertiginosa” e nel settembre del 2004 la paziente approda all’ospedale Gaetano Pini di Milano, che tuttora la segue. “E’ lì che per le mie condizioni mi hanno proposto un trapianto di staminali”, cellule ematopoietiche autologhe. “Nel gennaio 2005 sono stata ricoverata per l’espianto e a marzo dello stesso anno sono stata sottoposta al trapianto. La malattia resta – precisa la giovane – ma da allora si è stabilizzata, anche se naturalmente continuo ad assumere i miei farmaci”. Nel frattempo Gabriela e Salvatore si erano innamorati e il desiderio di un bimbo cresceva. “Dopo il trapianto mi avevano demoralizzato – continua la referente regionale di Ails Sicilia – Con tutte le terapie che devi fare, mi dicevano, è improbabile che tu possa avere figli. Quando l’ho saputo sono caduta in una depressione profonda. Qual è la donna che non vuole un bambino? Nessuna”, o comunque non Gabriela che non abbandona l’intenzione di realizzare il suo sogno. Soltanto lo mette via per un po’, “perché in ogni caso dopo il trapianto mi avevano raccomandato di aspettare almeno 5 anni. Se poi ti torna il ciclo, mi spiegavano, ci sarebbe una mezza possibilità”. A lei è bastata. “Nel gennaio del 2017 ho cominciato a sentirmi poco bene – rammenta Gabriela – Stavo vivendo un periodo molto faticoso e pensavo fosse stress”, invece era Alessandra. “Ho fatto il test di gravidanza ed era positivo, appena pochi mesi dopo che con Salvatore abbiamo iniziato a cercare un figlio. Era mattina presto e alle 8 ero già in ospedale per l’esame del sangue: gravidanza confermata, settima settimana”. I due genitori piangono di gioia e iniziano le analisi; il risultato è che è femmina, e che è sana.
“Il mio medico, a Milano, sapeva bene quanto desiderassi un bambino e lo avevo informato della decisione di provarci”, precisa Gabriela che nel 2016 ha interrotto le terapie. “Un rischio, certo, ma calcolato, condiviso e consapevole”. Un coraggio quasi subito premiato, con la bella notizia di qualche tempo dopo. Gabriela, che per la sclerodermia ha anche “un po’ di fibrosi polmonare e qualche extrasistole al cuore”, comincia così a farsi seguire, oltre che nel capoluogo lombardo, da un reumatologo all’ospedale Vittorio Emanuele di Catania. “Fino al settimo mese ho avuto una gravidanza splendida – afferma – Poi è arrivata l’estate, caldissima, con punte di 47 gradi. Sono iniziate le tachicardie e verso fine luglio non ce la facevo più. Alla visita ginecologica si è visto che il liquido amniotico era sceso, ma lievemente. Il problema era la mia pressione”, troppo alta. “Il 6 agosto scorso sono andata in Pronto soccorso per un controllo dal ginecologo, i valori erano alle stelle e mi hanno trattenuta”, racconta ancora la donna. “Con la pressione che andava su e giù, senza riuscire a normalizzarsi, mi sono fatta un mesetto di villeggiatura in ospedale”. “Mi volevano portare fino alla 32esima di gravidanza” e anche in questo caso Gabriela ce l’ha fatta: “Il cesareo all’ospedale Santo Bambino era programmato per il 1 settembre e non ci sono arrivata per pochissimo – ricorda – Il giorno prima una mia carissima amica mi aveva portato un bel piatto di lasagne. Seguivo una dieta strettissima e non mi sembrava vero di poterle mangiare”. Infatti ha dovuto smettere, perché Alessandra aveva fretta di nascere. “Mi hanno fatto un cesareo d’urgenza e il 31 agosto 2017, alle 15.29, la mia piccola è venuta alla luce”. Adesso che ha quasi un anno, “il più bello della mia vita”, Gabriela ci scherza su: “Sono riuscita a scioccare mezzo mondo. Non ci credeva nessuno, io non ho mai smesso”.